Della possibilità di trovare tracce d’acqua sul pianeta rosso si parla da tempo. Anzi, non è più una novità: ormai gli astronomi concordano almeno sul fatto che se avessimo fatto un viaggio su Marte qualche miliardo di anni fa vi avremmo trovato sabbie sature d’acqua, persino qualche lago in superficie. Ma c’è un aspetto legato all’acqua marziana su cui invece gli scienziati sono molto meno d’accordo: si chiama RSL, un acronimo che ricorda quelli dei vari satelliti in giro per lo spazio di cui spesso sentiamo parlare. Invece il nome sta per “recurring slope lineae”, e indica delle strisce di sabbia bagnata che compaiono stagionalmente su alcuni pendii. Cosa significa? Letteralmente, che sulla superficie di Marte, a seconda dei periodi dell’anno, spuntano e spariscono “sentieri” che secondo molti ricercatori sarebbero la traccia di passaggi d’acqua. È un fenomeno già noto dal 2011, quando l’aspirante dottorando Lujendra Ojha lo scoprì mentre era ancora studente all’Università dell’Arizona. Da allora ha continuato a indagare la misteriosa apparizione delle strisce di sabbia, cercando in particolare residui di minerali e provando a rispondere alla domanda centrale: le RSL sono davvero legate all’acqua oppure no? Insieme a James Wray, ora suo collega al Georgia Institute of Technology, Ojha ha esaminato 13 siti in cui il fenomeno era stato confermato dalle immagini provenienti dal Compact Reconnaissance Imaging Spectrometer for Mars (CRISM). I primi risultati non hanno rilevato segni di acqua o sale, ma tracce di minerali ferrosi, che erano più abbondanti in corrispondenza dei segni lasciati dalle recurring slope lineae. Un passo avanti, quindi, ma non ancora una conferma. “Non abbiamo una prova incontrovertibile dell’esistenza di acqua nelle RSL, ma non si capisce come questo processo potrebbe avvenire senza acqua” ha commentato Lujendra Ojha. I primi risultati, pubblicati da Geophysical Research Letters, sono stati ottenuti combinando anche i dati ottenuti dall’High Resolution Imaging Science Experiment (HiRISE) nel periodo da marzo a ottobre 2011. Secondo quanto affermato dagli stessi autori, per adesso individuare le strisce di sabbia è poco più che un tirare a indovinare: per questo serve continuare a cercare. Fonte: www.media.inaf.it
Della possibilità di trovare tracce d’acqua sul pianeta rosso si parla da tempo. Anzi, non è più una novità: ormai gli astronomi concordano almeno sul fatto che se avessimo fatto un viaggio su Marte qualche miliardo di anni fa vi avremmo trovato sabbie sature d’acqua, persino qualche lago in superficie. Ma c’è un aspetto legato all’acqua marziana su cui invece gli scienziati sono molto meno d’accordo: si chiama RSL, un acronimo che ricorda quelli dei vari satelliti in giro per lo spazio di cui spesso sentiamo parlare. Invece il nome sta per “recurring slope lineae”, e indica delle strisce di sabbia bagnata che compaiono stagionalmente su alcuni pendii. Cosa significa? Letteralmente, che sulla superficie di Marte, a seconda dei periodi dell’anno, spuntano e spariscono “sentieri” che secondo molti ricercatori sarebbero la traccia di passaggi d’acqua. È un fenomeno già noto dal 2011, quando l’aspirante dottorando Lujendra Ojha lo scoprì mentre era ancora studente all’Università dell’Arizona. Da allora ha continuato a indagare la misteriosa apparizione delle strisce di sabbia, cercando in particolare residui di minerali e provando a rispondere alla domanda centrale: le RSL sono davvero legate all’acqua oppure no? Insieme a James Wray, ora suo collega al Georgia Institute of Technology, Ojha ha esaminato 13 siti in cui il fenomeno era stato confermato dalle immagini provenienti dal Compact Reconnaissance Imaging Spectrometer for Mars (CRISM). I primi risultati non hanno rilevato segni di acqua o sale, ma tracce di minerali ferrosi, che erano più abbondanti in corrispondenza dei segni lasciati dalle recurring slope lineae. Un passo avanti, quindi, ma non ancora una conferma. “Non abbiamo una prova incontrovertibile dell’esistenza di acqua nelle RSL, ma non si capisce come questo processo potrebbe avvenire senza acqua” ha commentato Lujendra Ojha. I primi risultati, pubblicati da Geophysical Research Letters, sono stati ottenuti combinando anche i dati ottenuti dall’High Resolution Imaging Science Experiment (HiRISE) nel periodo da marzo a ottobre 2011. Secondo quanto affermato dagli stessi autori, per adesso individuare le strisce di sabbia è poco più che un tirare a indovinare: per questo serve continuare a cercare. Fonte: www.media.inaf.it
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