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Le vacanze italiane di un’expat

Creato il 27 luglio 2013 da Lundici @lundici_it

Da tre anni a questa parte quando mi chiedono “Dove vai in vacanza quest’estate?” la risposta è sempre la stessa: “A casa”.  Non c’è migliore occasione della pausa estiva per riabbracciare amici e parenti. Basta con le faccine gialle che mandano baci o emanano cuori, e via ai baci veri, schioccati sulla guancia. 

Da Italiana mi sento anche molto fortunata: per visitare in lungo e largo la nostra splendida penisola, non basterebbero forse cento estati. Sono sempre molto contenta di tornare a casa e inizio a pregustare il viaggio molte settimane prima della partenza. La mia vacanza italiana nasce nel cuore e si alimenta di una perfezione tutta sua che, ahimè, inizia a scemare appena salgo sul pulmino che porta dalla pista di atterraggio al gate dell’aereporto: la calca, gli spintoni, la confusione.

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Superato lo shock iniziale, dopo la prima fantastica dormita da jet-lag, mi alzo e, calendario alla mano, inizio a organizzare gli spostamenti: due giorni qui, tre là, passo al compleanno di Silvia e anche alla laurea di Katia. Già che sono in zona, perché non salutare Gino che non vedo da quasi due anni? E perché no a una bella gita in quel borgo medioevale che tanto sognavo di visitare?  Bastano due ore di lavoro e il mese è organizzato.

Non ci vuole un genio per capire che la vacanza suegiùdauntreno è tutto meno che riposante. Il su e giù non è infatti solo quello del treno, ma anche quello emotivo: rivedere le persone a cui vuoi più bene è sempre una gioia intensa in cui si mescolano passato, presente e futuro. Una condensa da gustare in poche ore, intervallata da abbracci e sorsi di caffè.

Oltre a ballonzolare da un posto all’altro, mi piace anche stare ferma e tornare nei luoghi del mio passato, quello remoto dell’infanzia e quello prossimo della giovinezza. Provo un gusto particolare nel tornare in quel paese dove da piccola trascorrevo le vacanze e vedere la stessa insegna del bar e le stesse espressioni facciali, sentire gli stessi profumi e ascoltare gli stessi discorsi. Ritrovare una vecchia amica, fare due chiacchiere, magari conoscere la sua famiglia.
Quest’immobilità, o meglio ciclicità, mi piace da matti, perché ogni volta che visito un luogo del passato, questo mi restituisce un

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pezzo del mosaico della mia identità.

Ho in mente un progetto:  dal prossimo anno voglio chiamare a raccolta gli amici più cari, affittare una casa e passare lì un lungo week-end, tutti insieme. Grigliare carne, chiaccherare fino all’alba, bere del buon vino e stare in compagnia. Ogni anno, una location diversa o forse sempre la stessa, chissà.

Aldilà delle considerazioni teoriche, ci sono anche le scocciature, tutte di natura esclusivamente burocratica. Tornare a casa è occasione per sbrigare quelle pratiche che ben conosce chi vive spostandosi: cambia residenza, rinnova la patente, paga una vecchissima bolletta etc.
A ogni intoppo, la reazione di pancia è sempre la stessa: stress, rabbia, indignazione.  Ma quest’anno sto cercando di lasciar spazio all’umorismo.

E tra il divertito e il perplesso, sul mio podio peripezie italiene estate 2013 finiscono:

Terzo posto, il servizio CUP della Sistema Sanitario Nazionale. Devo prenotare una visita, chiamo dunque il centralino e la gentile signorina dall’altro capo della cornetta mi illude: “Ho due date disponibili” – dentro di me scatta un brivido di gioia per l’efficienza della sanità lombarda.  Prosegue: “Preferisce il 10 o il 12 Gennaio 2014?”.
Per fortuna o per destino, dopo due ore arriva fresca fresca la notizia che appena arriverò a Shanghai, entro tre giorni rapiranno me e mio marito per un check up completo sul nostro stato di salute. Farò riferimento a quello, pago 700 RMB e va bene così.

Il secondo posto va all’Ufficio Dottorato della mia vecchia Università.
Ho bisogno della traduzione inglese del certificato di Dottorato. Vado sul sito e leggo che devo andare all’Università.  Allo sportello mi

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chiedono due marche da bollo – ovviamente ne avevo con me solo una – per un totale di 29.24 euro. Mi comunicano che in una settimana la traduzione sarà pronta. Ottimo, penso. L’impiegata mi mostra un fac-simile del certificato che riceverò a casa e lì la sorpresa: la traduzione è perfetta in ogni sua riga, tranne un piccolo, insignificante dettaglio: il corso di dottorato. E lì, bello in grassetto, in italiano. A nulla sono valse le mie suppliche per farle indicare almeno il campo tra parentesi e per spiegare che devo mandarlo in Cina. Come reagirebbe lei se dovesse leggere che Liu Jin, ha un dottorato in 统计食品?
Io credo che l’impiegata mi abbia capita, ma la Grande Capa nascosta nell’ufficio di fianco probabilmente no. Whatever. Se ci sarà una prossima volta, il certificato lo scriverò da sola, così risparmio anche 30 euro.

E Il primo posto spetta alla Direttrice di una filiale delle Poste Italiane. Devo chiudere il conto delle mie transazioni da studentessa, un po’ mi dispiace, ma è arrivato il momento di farlo.
La direttrice segue con me la pratica, mi chiede (non scherzo) cinque volte nome-cognome-data e luogo di nascita-codice fiscale-residenza e telefono – e a un certo punto si blocca: “Signorina, ha con sé il libretto degli assegni? Dovrebbero averglielo consegnato all’apertura del conto”. Scavo mentalmente nel mio passato, ma con 10 traslochi alle spalle, concludo che non ne ho la più pallida idea, l’avrò perduto.  Le chiedo cosa posso fare. “Se lo ha perso dovrebbe fare denuncia in questura e tornare qui per chiudere il tutto”. Vedendo il fumo dalle mie orecchie, prosegue con il tono parola di direttrice.
“Oppure, può fare così. Non chiuda il conto, vada in rosso con le spese, tanto in Cina chi la viene a cercare”.  Avrei voluto rispondere ma i denti erano già finiti sul pavimento.

Questo post trae spunto da alcuni post sulle vacanze degli expat, come questo e quest’altro.

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