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Non si spiegherebbe altrimenti il fatto che puntualmente, ogni anno, io mi affacci al mese di agosto con pallida rassegnazione, boccheggiante nell'asfalto dalla temperatura crescente, emotivamente provata e del tutto priva di piani da condividere con chi ansiosamente mi chiede "ma allora dove vai in vacanza?".
Innanzitutto puntualmente, ogni anno, lo stesso errore: prendere le ferie ad agosto inoltrato, prolungando il piacere del sudore cittadino fino ai limiti della sopportazione umana. Fino a quando, cioè, il tempo inizia a guastarsi e i rinfrescanti temporali allietano l'inizio delle mie "vacanze".
Mi trascino in un ufficio deserto e senza aria condizionata, mentre il solleone castiga perfino il Belgio. Dentro di me provo una sottile sensazione di eroismo, unita ad una pretesa di superiorità morale nei confronti di chi si affanna a prenotare aerei.
Forse perché la routine estiva mi riporta agli anni della dura gavetta milanese: mesi di agosto infuocati a condividere un bilocale in tre; sessioni di avveniristico copia e incolla dove la sfida era non usare la parola "sesso" perché si era un giornale cattolico; reportage sul taleggio a Cremona e gli alpinisti dispersi al confine con la Francia; e le vacanze che non arrivavano mai. E il contratto che tanto scadeva a settembre.
Mi dicevo, ah, un giorno, sarò io il redattore che parte in ferie. Un giorno toccherà a me, la vacanza lunga, magari un po' snob, quella che fai ciao ciao con la manina al poveraccio che ti sostituisce. E infatti. Ora che tocca a me, e le vacanze me le potevo prendere quando volevo, per una bizzarra perversione ho deciso di non prenderle lo stesso.
Perché in realtà le vacanze, intese nel senso classico, non le voglio.
Perché le vacanze mi stressano. Mi stressa andare su booking o lastminute, sentire che prenoto una vacanza che è un pacchetto che puo' avere chiunque come al supermercato, partire, andare incontro all'immancabile delusione di aspettative che per forza di cose devi mantenere altissime. Mi stressa spendere tanti soldi per una vacanza. Mi stressa soprattutto prevedere e sapere quello che farò. Stressa me e i malcapitati che si troverebbero con me.
La mia vacanza ideale infatti c'è, ed è quella che capita per caso. Che un giorno qualcuno ti dice vieni a trovarmi in Sicilia, o in Puglia, o a Sperlonga. E io senza tanti preparativi parto. Che una sera qualcuno ti chiama e ti dice domani andiamo a Roma in macchina e poi tornando ci fermiamo al mare. Che la notte di Ferragosto prendi la statale con due amici e vaghi tutta la notte fra Lombardia e Piemonte e alle sei del mattino torni al bar sotto casa a fare colazione.
Queste per me sono Le Vacanze. L'assenza di regole, l'assenza di aspettative, la presenza di persone che amo e che mi fanno ridere tutto il giorno. Per me la vacanza è la sorpresa. E quindi per definizione, una cosa che non organizzo io. La de-responsabilizzazione totale. E non importa se dura una notte o due settimane. Quando sono in vacanza lo sento dentro. E che io sia su una spiaggia bianca o in un baretto vicino a Malpensa non influisce proprio per niente.
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