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Le vere colpe berlusconiane? Non sono certo le donne ad Arcore o a Palazzo Grazioli…

Creato il 21 settembre 2011 da Iljester

Le vere colpe berlusconiane? Non sono certo le donne ad Arcore o a Palazzo Grazioli…

Non è una questione di verità o non verità nella nota vicenda del «Ricatto al Premier». Come ho detto qualche post fa, alla fine gli elementi di reato in un torbido contesto come quello emerso nella storia di festini e festoni, sono davvero pochi. Forse con un po’ di fantasia si può arrivare a una blanda forma di ricatto, oppure a una truffa. Perché, nonostante il principio di rigida tassatività delle fattispecie penali, sappiamo bene che non è poi così difficile adattare la condotta criminosa astratta al caso concreto. Insomma, frugando nel codice, qualche reato che possa rendere davvero vittima (o carnefice) Silvio Berlusconi, potrebbe anche trovarsi. Ma va da sé che siamo comunque dinanzi a una situazione più che paradossale.
Il vero è che non ho intenzione di parlare della vicenda in una sorta di elegia del vittimismo berlusconiano. Per quanto possano esserci (stati) degli sputtanamenti, per quanto possa esserci stata una grave violazione del segreto istruttorio in sede di indagine, e per quanto possa esserci in generale un ingiustificato sperpero di danaro pubblico in un accanimento giudiziario senza alcuna ragione nei confronti di Berlusconi, è chiaro che il quadro che emerge dalle vicende giudiziarie non è certamente esaltante per il Premier; seppure, si deve tener presente che siamo in un’ottica di sfera privata, dove ognuno può avere i vizi che vuole, se non sono contrari alla legge. Circondarsi di belle donne o avere rapporti con loro non è sicuramente reato. Donare dei soldi lo è ancor meno, configurandosi come atto di liberalità. È piuttosto reato connettere la dazione di denaro al perseguimento di un obiettivo illecito secondo la legge. Ma non mi pare il caso berlusconiano.
Perciò, detto a tutto tondo, la questione «Tarantini/Berlusconi/donnine» mi lascia piuttosto indifferente. Un po’ meno mi lasciano indifferente le altre «colpe» di Berlusconi e del PDL che cercherò di riassumervi in poche parole.
Prima di tutto, parlo della manovra finanziaria, piuttosto debole e «concentrata» sui prelievi fiscali, a cui non corrispondono riforme strutturali e sostanziali per la crescita economica e occupazionale. L’effetto depressione è dietro l’angolo, e la manovra «tremontiana» avrebbe dovuto fare di più in questo senso. Avrebbe dovuto sforzarsi nel trovare misure che incentivassero la crescita. E questo perché è vocazione del centrodestra (più che del centrosinistra) trovare sistemi che incrementino la ricchezza degli individui. Se la sinistra tende all’eguaglianza verso il basso (tutti più poveri, ma tutti uguali), la destra deve o dovrebbe tendere all’uguaglianza verso l’alto (tutti più ricchi, e dunque tutti uguali). Eppure, niente di tutto questo: la manovra economica assomiglia un po’ troppo a quelle con DNA sinistro. Ricorda da molto vicino quelle varate dal centrosinistra, dove signore e padrone è il tributo.
Questo è il primo grave errore di Berlusconi e del PDL, i quali si sono inimicati i settori produttivi della nostra società. E badate: certo non parlo di Confindustria, di Marcegaglia o dei sindacati, ma dei piccoli commercianti, dei professionisti, degli artigiani, dei coltivatori diretti… di chi, insomma, costituisce il cuore e il motore del sistema economico italiano.
Il secondo errore del PDL e di Berlusconi è aver dato troppo spazio e peso alla Lega di Bossi. Ormai è assodato che la caratteristica peculiare del leghismo è l’egoismo provincialistico. La mentalità leghista non scende sotto l’Emilia Romagna, e in alcuni tratti lambisce la Toscana. Questo è un forte limite per il centrodestra, che è una forza nazionale e che dovrebbe avere nel suo DNA un nazionalismo moderato e democratico, capace di stimolare la crescita culturale, sociale ed economica dell’Italia intera e non già solo di alcune aree limitate, e non con l’obiettivo più o meno assodato di fregarsene del resto.
E arriviamo al terzo (e ultimo) errore. Il più grave di tutti, perché è da questo errore che discendono poi gli altri, che espongono il popolo italiano ai (possibili) governi dannosi della sinistra o degli inciuci istituzionali, e ai ricatti leghisti. So bene che governare (e riformare) in un clima istituzionale di astio, non è facile. E certo non aiuta il meccanismo costituzionale che asserve il Governo al Parlamento, anziché garantire l’indipendenza dell’uno nei confronti dell’altro. Lo so bene, ma proprio per questo, Berlusconi avrebbe dovuto lavorare di più e meglio sul fronte interno, coagulando una vera forza di centrodestra, capace di esprimere valori (e non solo interessi), democrazia (e non oligarchia), liberismo, meritocrazia, efficienza e radicamento sul territorio, a tutti i livelli. E invece cosa abbiamo? Abbiamo un partito farlocco, dove non esiste identità e non esistono i quadri intermedi e la struttura. Dove o si è collaboratori del Premier oppure non si è. Dove non ci sono criteri di partecipazione della base ai processi decisionali del partito. Dove non esiste un nucleo di valori fondanti e dove chi opera a livello locale e nazionale è spinto più da obiettivi personalistici che al perseguimento del bene comune. Dove soprattutto non esiste prospettiva che sappia arrivare oltre i confini della vita politica e (perché no?) naturale del Premier. Che ne sarà del PDL e del centrodestra, dei valori della destra e delle sue aspettative politiche, se il Premier lascia o dovesse lasciare? Non oso pensare alla risposta.

 

di Martino © 2011 Il Jester 


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