Le vette della scienza

Creato il 05 settembre 2011 da Simone D'Angelo @SimonDangel

Il monte Cho Oyu nel tardo pomeriggio

Due alpinisti italiani, Cristian Balducci e Marco Rusconi, tenteranno la prima salita del monte Cho Oyu, sulla catena dell’Himalaya, in Tibet, la sesta cima più alta del mondo, senza portatori d’alta quota né bombole d’ossigeno. La scalata del Cho Oyu, detto la “Dea Turchese”, fino a 8 mila 201 metri, avverrà per la via Lato Nord e, se le condizioni meteorologiche lo permetteranno, Balducci tenterà anche la discesa in sci fino al campo base. Gli scalatori dovranno raggiungere la cima con il minor impatto ambientale possibile, utilizzando pannelli solari per ricaricare batterie di computer e telefoni satellitari e per l’illuminazione al campo base, e riportando a valle i rifiuti.

«La missione richiede un’ottima preparazione e un notevole sforzo muscolare e di concentrazione», spiega il ricercatore del CNR Danilo Menicucci. «Le condizioni degli alpinisti sono quindi determinanti per il buon successo della spedizione insieme al meteo e alle condizioni della neve».

«Lo studio, iniziato dalla partenza dall’aeroporto di Milano, – spiega Angelo Gemignani dell’Università di Pisa – prevede una valutazione psicometrica della memoria visuospaziale, dell’umore e del sonno, funzioni tipicamente associate all’ippocampo, la cui alterazione può condizionare negativamente la formazione di nuovi neuroni nella stessa area ippocampale.  Il linguaggio rappresenta uno dei criteri per misurare in modo statistico il processo che dà origine alla coscienza. Per questo verificheremo i testi prodotti dai due alpinisti nelle varie fasi dell’impresa».

In pratica, attraverso l’uso di semplici test, sarà possibile rilevare le variazioni delle funzioni cognitive. «Il monitoraggio - sottolinea Remo Bedini del CNR – riguarderà il diario personale dei due scalatori e le interviste reciproche videoregistrate, che permetteranno l’analisi dell’evoluzione del linguaggio in funzione di altitudine, sforzo fisico e livello di stress».

Lo scopo è verificare l’ipotesi secondo cui le variazioni dell’indice di complessità linguistica si correlano spesso con patologie quali schizofrenia e depressione, sollevata da studi recenti come quelli eseguiti sui cosmonauti del progetto Mars 500, il viaggio simulato verso Marte.

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