Capita spesso che guastandosi il tempo estivo o assaliti da nostalgia invernale, noi si torni sui nostri passi. Passi antichi, strascicati di fatica, il cui eco sì è perso nel silenzio irreale di questi luoghi, nel loro essere diventati museo a cielo aperto. Sentinelle le case e i vecchi palazzi, il biglietto ha il costo della pazienza di saper vedere.
Case si fa per dire: muri portanti di pietra coi tetti sventrati, da cui si intravedono pareti scrostate a cerchi concentrici che raccontano le numerose imbiancature. Altre case ben conservate, custodite gelosamente in un angolo di verde riparmiato al furore del fuoco che avvolge ciclicamente.
All'osservatore attento non sfuggono i segni della vita passata di cose lasciate preda del tempo e dei suoi rigori. Si deposita la polvere consumando i segni della battaglia per la vita, il lento andare quotidiano del minatore, avanti e indietro a faticare.
E ancora le case padronali, gli uffici, conservate da recenti restauri non si sa per chi, perché nessuno le utilizza, forse solo per la memoria. I locali pubblici, gli ostelli, gli alberghi come nobili caduti completamente in disgrazia li intuisci dai resti delle insegne che erano parte di una grande idea, di un progetto che sarebbe dovuto continuare per tanto tempo ancora, poi morto di passività di bilancio, di attività "poco remunerative".
Ingurtosu posata nella valle di fronte al mare di Piscinas dorme dimenticata, la promettente favola aleggia ancora fra le case e le rovine, negli oggetti e nelle pietre, ma è una favola che non finirà bene: nessuno verrà a svegliarla per riportala all'antico splendore.
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