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Con Nebraska non ho più potuto nasconderlo: sì, soffro di gerontofilia!
Amo i vecchietti, amo il loro modo di vivere e di essere ironici, mi commuovo con un nonnulla al solo vederli e mi sciolgo in brodo di giuggiole per un loro gesto gentile e carino.
Come potevo quindi farmi scappare il nuovo film di Roger Michell (regista di Notting Hill), che per protagonisti non ha un vecchietto, ma bensì due e bensì ancora una coppia?
Infatti non me lo sono lasciata sfuggire, anche perchè assieme al nutrimento vitale per una gerontofila, a fare da contorno ci sono pure una Parigi che non guasta mai, accenti e ironia inglese a piacimento, un anniversario da festeggiare... una manna dal cielo, insomma!
Vi aspettate forse che ora inizi a lamentarmi, elencando come tutte queste aspettative siano state deluse, mal usate, superate?
Giammai, perchè Le Week-end ha soddisfatto appieno le mie esigenze e, se non siete gerontofili ma amate le commedie ben fatte e intelligenti, soddisferà anche voi.
Il merito va tutto ai protagonisti, due attori d'eccezione che si sono fatti le ossa nel teatro inglese e che qui compongono una coppia sposata ormai da 30 anni che tornati soli dopo le partenze dei figli, decidono di darsi una seconda possibilità, di rinfrescare un'abitudine che a quanto pare li sta soffocando, tornando nella Parigi che li aveva visti festeggiare la luna di miele.
Non saranno rose e fiori, però, perchè marito e moglie, professori (di filosofia e biologia), potrebbero tranquillamente essere il quarto capitolo della trilogia di Linklater, con i rapporti di forza che ricalcano alla perfezione quelli tra Jesse e Celine: lei, Meg, lunatica, dispotica e cerebrale, lui, Nick, sognatore, gentile e ancora innamorato, che lo dimostra di continuo con gesti e parole che non sempre vengono apprezzati.
A scene di puro romanticismo si susseguono così frecciatine e litigi continui, che poco a poco vanno a scoperchiare le ferite mai rimarginate di un matrimonio che si sta logorando, e che con un pizzico di follia (dallo scappare senza pagare il conto ad andare ad alloggiare nella stessa suite di Tony Blair) si cerca di salvare.
Ma la vera soluzione la si ha incontrando lo spettro dei proprio sogni infranti, agghindato in una nuvola di narcisismo e radical-chicchismo che rimette davvero tutto in riga.
Inutile dire quante lacrime di gioia e di commozione io abbia versato, inutile dire quanto speciali Jim Broadbent e Lindsay Duncan siano, così in sintonia, così complementari e inglesi. Gran merito, dunque, agli attori, ma anche a una sceneggiatura intelligente dove non mancano riferimenti colti alla filosofia e all'arte, e dove tutta l'ironia british, con le sue freddure e frecciatine, si riversa nel migliore dei modi. La Parigi che fa da sfondo, è infine non solo quella da cartolina, ma anche quella dei piccoli bistrot, delle case e degli hotel di lusso, quella da scoprire via dopo via proprio come in Prima del Tramonto.
Che siate gerontofili, che amiate le commedie ben fatte o anche solo gli inglesi, non lasciatevi sfuggire questo gioiellino di ritmo e di scrittura, e, se possibile, in lingua originale.
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