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‘Lebanon’, quel film sulla guerra e contro la guerra che toglie il respiro

Creato il 23 giugno 2010 da Sky9085
Locandina Lebanon

Locandina Lebanon

Se non lo avete visto questi’inverno e lo vedrete in DVD quest’estate, sappiate che, con il caldo che farà, avrete ancora di più la sensazione di soffocamento che si ha guardandolo. Insieme alla sensazione di soffocamento c’è tuttavia l’impressione che questo sia un film straordinario, che lascia il segno. Un film che racconta la guerra e la percezione della guerra da dentro un carrarmato, guidato da giovani inesperti e pieni di paura, che la guerra non la amano e non l’hanno mai voluta, che si trovano gettati di colpo nel trauma di puntare contro un nemico che non riconoscono come nemico. Siamo nel 1982, durante la prima guerra del Libano. Questi giovanissimi militari devono perlustrare un villaggio bombardato e abbattuto dall’Aviazione Militare israeliana. Sono tutti alla loro prima esperienza, e le loro ore interminabili dentro quell’ammasso di ferro sono fatte di panico, di sbigottimento davanti agli orrori della guerra, di ansia malcelata. Vedendo questo film mi è sembrato di starci dentro quel cararmato, di respirare il cattivo odore dei bisogni fatti lì, di sentire l’assenza totale di aria. C’è chi, come qualche signora di mezza età, non ce l’ha fatta a vederlo e si è alzato dalla sala, forse per la crudezza che me esce fuori fin da subito. A me invece “Lebanon” ha incollato alla sedia, coinvolgendomi nell’ansia interpretata daio protagonisti del film, la cui inesperienza fa tenerezza e commuove, proprio perché nulla ha a che vedere con il sentilmentalismo e con le emozioni urlate, proprio perché l’amarezza e la paura emergono sottili e fanno più male.
A un certo punto il plotone si perde, smarrisce la direzione, e in preda alla paura tenta la fuga: il finale poetico è infatti in un campo di girasoli.
Questo claustrofobico, eccezionale film del regista israeliano Samuel Maoz, premiato come miglior film alla 66a Mostra del Cinema di Venezia col Leone d’Oro, merita di essere visto senz’altro, quest’estate magari, pur sapendo che, per un pò, vi mancherà il respiro.


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