Sono 29mila i km quadri di aree marine “sotto scacco delle compagnie petrolifere” secondo Goletta Verde di Legambiente che nel dossier “Per qualche tanica in piu’”, presentato oggi a Vasto – prima tappa abruzzese della campagna 2014 – elenca i numeri “dell’insensata corsa all’oro nero nei mari italiani”. Il ‘tesoretto’ agognato dalle compagnie petrolifere, fa notare Legambiente, ammonta a 9,778 milioni di tonnellate, sufficiente a risolvere il fabbisogno petrolifero nazionale soltanto per due mesi. “Cambiano, almeno formalmente, i Governi, ma la logica resta la stessa: favorire le compagnie petrolifere e mettere in serio pericolo una delle risorse piu’ importanti del nostro Paese – dichiara Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente – Avremmo potuto invece mettere in campo adeguate politiche di riduzione di combustibili fossili. Ad esempio utilizzando i circa 4 miliardi di euro ogni anno ‘regalati’ al settore dell’autotrasporto per una mobilita’ nuova e piu’ sostenibile”. Per Legambiente anche sul versante occupazione il confronto non tiene: investire oggi in efficienza energetica e fonti rinnovabili porterebbe nei prossimi anni 250 mila nuovi posti di lavoro, sei volte piu’ di quelli previste con le trivellazioni. Molti gli esempi, per l’associazione ambientalista, di come le norme approvate dai Governi degli ultimi anni abbiano dato un impulso alle attivita’ estrattive piuttosto che porre vincoli: quello piu’ eclatante e’ ritenuto il caso di Ombrina mare, piattaforma di Medoilgas Italia che dovrebbe sorgere a tre miglia dalla costa della provincia di Chieti. “Un impianto in forte contrasto con questo tratto di mare e con la costa antistante, dove da anni e’ perimetrata una nuova area protetta di cui si attende l’istituzione”. “Non ci sono i termini di sicurezza, sul piano ambientale, per giustificare un simile insediamento – ricorda Francesca Aloisio di Legambiente Abruzzo – peraltro deleterio anche sul piano economico, danneggiando direttamente e indirettamente le principali potenzialita’ del territorio. Anche l’ex ministro dell’ambiente Andrea Orlando l’estate scorsa aveva posto uno stop all’iter autorizzativo, contro il quale la societa’ aveva fatto ricorso al Tar. Al momento e’ in fase di autorizzazione l’Aia, su cui Legambiente e Wwf hanno presentato osservazioni. L’auspicio e’ che la commissione Via nazionale, chiamata a valutare l’Aia, sappia dare il giusto peso alle problematiche evidenziate dalle nostre osservazioni e dalle altre presentate, comprese quelle della Regione Abruzzo”. Poi una fotografia della situazione attuale. Nel mar Adriatico sono “sotto scacco delle compagnie petrolifere 11.944 kmq”: 2 le istanze di concessione, 17 di ricerca e 7 permessi gia’ rilasciati per l’esplorazione dei fondali marini”. Nel canale di Sicilia: 5 piattaforme attive, 3 richieste di concessione e altre 10 istanze di ricerca. Infine lo Ionio: oggi non si estrae petrolio, ma sono attive richieste per la ricerca di greggio nel Golfo di Taranto. Un’area marina vietata alle attivita’ di ricerca di petrolio fino al luglio 2011, quando un emendamento al testo di recepimento della direttiva europea sui reati ambientali ha riaperto anche questo tratto di mare alle societa’ estrattive, che ha visto nell’ultimo anno raddoppiare le richieste, passate da 8 a 16. “La sicurezza delle attivita’ estrattive offshore – rileva Legambiente – e’ non a caso al centro dell’attenzione della Comunita’ europea gia’ dal 2010, anche in conseguenza all’incidente del Golfo del Messico. Senza considerare l’impatto che queste attivita’ possono avere sulla pesca, fino ad arrivare a una diminuzione del pescato del 50% intorno a una sorgente sonora che utilizza airgun, la tecnica geofisica di rilevazione di giacimenti nel sottofondo marino”. Il tutto mentre dal rapporto “Comuni Rinnovabili” di Legambiente emerge che oggi in Italia ci sono 2.629 Comuni autonomi rispetto ai consumi elettrici, oltre 700 mila impianti che producono energia da fonti rinnovabili che hanno garantito il 32,9 % dei consumi elettrici e il 15% di quelli complessivi nel 2013.
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