Ogni racconto di Alice Munro proietta il lettore in un punto qualunque del tempo e dello spazio appartenenti a donne e uomini (soprattutto, ma non solo donne) , dentro di loro e nelle loro case, fra i loro oggetti, nella natura che li circonda e che alcuni di loro percepiscono con acuta sensibilità. Ascoltiamo le loro parole e vediamo i loro gesti; intorno ad ogni sillaba aleggia il non detto, si allungano le ombre di ciò che nessuno oserebbe dire a voce alta e vengono abbozzate le sfumature di ciò che i personaggi (sarei tentata di scrivere “le persone”) non oserebbero neppure pensare; intorno ai loro movimenti, il lettore avvverte ciò che non è stato fatto o non si potrà mai fare. E tutto con la leggerezza di una piuma e insieme con la precisione di un bisturi.
Ogni racconto procede diramandosi nel passato e nel futuro della, o del protagonista, e si allarga a coinvolgere parenti, amici, antenati, infanzia e vecchiaia, vita e morte di ciascuno; ma il tutto con salti e per ellissi. Un istante può occupare una pagina, anni interi qualche riga; un fatto apparentemente insignificante si dilata a catturare l’attenzione del lettore illuminandosi di mille preziose sfumature, e una tragedia rimossa si svela solo nelle ulime pagine.
Ogni racconto comprime in sé un mondo a volte simile a quello delle altre narrazioni, ma più spesso e comunque sempre sostanzialmente diverso. Ogni racconto si può rileggere trovandolo alla seconda lettura diverso.
Alcuni personaggi sono descritti attraverso una ricchezza di dettagli visivi, del tutto creativa e mai pedante o stereotipata; di altri immaginiamo contemporaneamente l’aspetto fisico da e con l’aspetto interiore, fatto di pensieri e azioni. E’ un’umanità estremamente variegata; A.M. sa ricreare la mente e il mondo degli individui più semplici e di quelli culturalmente più evoluti, facendo intuire al lettore la complessità interiore di ciascuno, ironizzando a volte sulle pretese sociali e sulla presunzione di alcuni personaggi. E’ una maestra nel disvelamento delle piccole e grandi ipocrisie che rendono possibili, o impossibili, i rapporti sociali, e in particolare i rapporti coniugali; dipinge bugie o preterizioni ancor più significative quando consapevoli, del tutto o più spesso parzialmente.
Niente è sicuro e durevole in questo universo, dove una bambina può uccidere con naturalezza spinta come dal peso di una forza superiore, e i sotterfugi e i complotti di due adolescenti annoiate possono portare ad un rovesciamento finale positivo. Almeno in apparenza.
Ci sono solitudini e famiglie disgregate o inesistenti, famiglie felici – in apparenza, esseri emarginati e personalità vincenti (fino ad un certo punto), periferie squallide, che tali non sono per chi ci vive da sempre, case nei boschi, sconfinate distese di alberi…
Per quanto io mi trovi appena all’inizio, nella mia esplorazione del mondo di A.M., ne ho tratto finora una percezione di umanità vasta e variegata, di profonda originalità narrativa. La sua percezione del reale è acuta, non teme di far emergere le più nude crudeltà dell’individuo comune. La sua penna può assumere declinazioni malvage, ma la sua è tutt’altro che una narrativa “nera”, anche perchè rifugge da qualunque genere o definizione. Soprattutto, ci sono grandi capacità di empatia, e quasi sempre, nel bilancio di una vita, basta la consolazione di un ricordo d’infanzia o di un amore, che non è tale ma è più di un amore “concreto” perchè consapevolmente fantasticato o sottinteso, a lungo o nello splendore di un attimo indimenticabile.
Oppure il tenero risveglio di un amore tardivo, quando ormai tutte le porte della mente sembrano chiuse.
http://www.einaudi.it/speciali/Alice-Munro-raccontata-da-Jonathan-Franzen
libri che di lei ho letto – ma ce ne sono molti altri….