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Leggendo “Il Castello dei Destini Incrociati” (del Calvino affascinato dal semiologo Fabbri), seduta sul divano sorseggiando del vin brulé ……

Creato il 16 gennaio 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
Leggendo “Il Castello dei Destini Incrociati” (del Calvino affascinato dal semiologo Fabbri), seduta sul divano sorseggiando del vin brulé ……di Elena Ludovisi. Se questa Domenica avete come unico progetto quello di rilassarvi sul divano sorseggiando del vin brulé e leggendo un libro, allora ho qualcosa per voi - e no, non si tratta della lista dei vini.
Nel 1973 Einaudi pubblicò uno degli ultimi lavori di Italo Calvino, "Il Castello dei Destini Incrociati", esperimento letterario sopraffino per l'idea con cui è stato realizzato ed elegante per lo stile inconfondibile di uno degli autori più influenti della nostra produzione letteraria.

Il libro è suddiviso in due parti, Il Castello e La Taverna e, in ambedue i casi, si narrano storie fantastiche scaturite dalla lettura dei Tarocchi. I mazzi di cui Calvino si servì per la stesura dell'opera sono due: il mazzo visconteo, realizzato nel XV sec. da Bonifacio Bembo per i duchi di Milano, e l' Ancien Tarot de Marseille di Nicolas Conver, di Marsiglia del XVIII sec.

In un'occasione l'autore dichiarò che quest'idea gli venne nel 1968, dopo aver partecipato ad un seminario tenuto da Paolo Fabbri. Calvino rimase talmente affascinato dalla relazione del semiologo ("Il racconto della cartomanzia e il linguaggio degli emblemi") che decise di cimentarsi nella lettura dei Tarocchi. Seppur il suo occhio fosse del tutto privo di alcuna conoscenza dell'oggetto in questione, comunque gli permise di scrivere uno tra i romanzi fantastici più avvincenti e complessi che possa capitare di leggere.

L'affascinante atmosfera Medieval-Rinascimentale fa da sfondo a una serie di storie collegate fra loro, la cui lettura, che come vedrete nel libro può compiersi in ogni direzione, è dettata dai suggerimenti delle carte e dalla fantasia dell'autore; ogni combinazione gli ispirò una storia. Fra intrecci narrativi e interpretazioni dei simboli delle carte, emergono i personaggi di celebri storie (Orlando, Parsifal, Macbeth, Amleto, Edipo, Elena di Troia) con le loro avventure interconnesse a quelle dei protagonisti del libro.

In un Castello/Taverna diversi viandanti stanno banchettando dopo aver attraversato un fitto bosco. Subito, però, si accorgono di aver perso l'uso della parola. Possono sentire i rumori delle stoviglie e delle mandibole che masticano il cibo, ma l'unico modo che hanno per comunicare è un mazzo di carte che si trova al centro della tavola. Tra le prime storie c'è quella de L'Orlando pazzo per amore, un valoroso guerriero, "un micidiale fulmine di guerra" che al termine delle sue peripezie asserisce con mestizia di aver scoperto secondo quali deplorevoli leggi questo mondo è governato: "Lasciatemi così. Ho fatto tutto il giro e ho capito. Il mondo si legge all'incontrario. Tutto è chiaro".

Ne "La sposa dannata", invece, un soldato incontra una donna in grave difficoltà che gli chiede aiuto, ma subito questi si accorge che vuole qualcosa di più. Ciò che vorrei riportare di questa storia è la descrizione di un momento di intimità, la più raffinata che abbia mai avuto modo di leggere:

" [...] lui era già nudo, lei slacciò l'armatura appena indossata, e di tra le piastre di bronzo il nostro eroe raggiunse una mammella tonda e tesa e tenera, s'insinuò tra il ferreo cosciale e la tiepida coscia... era di carattere riservato e pudico, il soldato, e non si dilungò in particolari: tutto quel che seppe dirci fu affiancare alla carta di Coppe una carta dorata di Denari, con un'aria sospirosa, come esclamando: "Mi sembrò d'entrare in Paradiso..."".

"Storia dell'indeciso" racconta di un uomo che, nella sua incertezza, su alcuni punti è piuttosto risoluto:" [...] la vita è spreco di materiale che va a ramengo, il calderone del mare non fa che ripetere quello che succede dentro costellazioni che continuano da miliardi d'anni a pestare gli atomi nei mortai delle loro esplosioni, qui evidenti pur nel cielo color latte.", e immaginare che questa sia la personale opinione di Calvino dichiarata per mezzo di un suo personaggio mi rasserena, perché spesso mi pongo questa domanda, il quesito dei quesiti: cos'è la vita... forse un replay infinito di azioni che dimentichiamo ciclicamente?

Nella "Storia del regno dei vampiri" un Re accompagnato dal suo giullare di corte cammina in una foresta nella notte oscura. Nel dialogo il buffone insinua che in un angolo del suo Regno avvengono cose strane. Affinché il Re si plachi, adirato per aver scoperto d'essere ignaro di quello che succede sotto al suo naso, egli afferma che talvolta il suo ruolo è proprio quello di rivelare una realtà che non si figura nella mente degli altri: "[...] ogni linea dritta nasconde un rovescio storto, ogni prodotto finito uno sconquasso di pezzi che non combaciano, ogni discorso filato un bla-bla-bla.".

Queste ed altre storie si susseguono una dietro l'altra con andatura incalzante e il talento narrativo dell'autore, semplicemente unico nello scenario letterario, spinge il lettore a divorare questo libro come fosse il suo primo pasto ricco e abbondante dopo un lungo digiuno.

Non lasciatevi scoraggiare dal suo stile un po' antico, quello di Calvino è un Italiano raffinato, ed è per questo che consiglio un approccio avido di conoscenza. In poche parole, se vi sfugge il significato di alcuni termini, andatevelo a cercare... vi garantisco che una lettura di questa portata arrecherà notevoli accrescimenti culturali alla vostra anima di appassionati lettori.

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