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Uova di Pasqua e tradizione
C’è un piccolo borgo in Umbria, dove la Pasqua porta con sé un’antica tradizione fatta di uova colorate che ruzzolano libere per le strade (senza che nessuno possa fermarle) e di bambini urlanti, finalmente al comando.Se vi avventurerete fra i vicoli attorcigliati su se stessi e le piccole porte, che si rintanano fra le possenti mura, proverete la più sublime delle perdite, quella del tempo.
Non avrete più l’ansia di visitare, degustare, parlare, decidere. Sentirete allora le urla dei padroni del paese. Per un solo giorno, infatti, saranno i bambini dai cinque ai dieci anni a possedere la strada principale, quella che corre ripida e priva di ripari verso la porta nord. Su quella via, transennata come nel più affollato dei concerti, per separare i VIP dal normale volgo di astanti, i bambini dai frementi adulti, ogni fanciullo avrà in mano una piccola scatola con tre uova dipinte. Al lancio di una stoffa blu i bambini, acquattati all’inizio della lunga discesa, libereranno, dopo aver studiato la traiettoria migliore, una delle loro uova, quella in cui credono di più. Esse correranno libere, fra le urla e gli applausi della gente; la prima che arriverà alla fine del tragitto, senza rompersi, decreterà il vincitore di quella tornata. La gara proseguirà per l’intero pomeriggio, mentre tutto il paese rimarrà immobile, i negozi chiusi, le macchine spente, gli orologi scordati. Finché giungerà la sfida finale, il tifo diventerà incontenibile, la fanciullezza assalirà l’osservatore, che smetterà di preoccuparsi di ciò che dirà, di ciò che penserà, di ciò che gli altri penseranno o diranno di lui. La gioia si spalancherà sulla corsa e tutti guarderanno senza capire, senza provare a decodificare l’assenza di sé che tanto attrae.Poi un rumore, sordo e usuale, rimbomberà fra le pietre. Avrete un vincitore, sposterete le transenne, riprenderete la città, la voce, il controllo. Farete finta di niente, cercherete già un ristorante dove allenare le mandibole per stancare il pensiero. Nessuno, se non il vostro orologio, vi potrà dimostrare che il tempo, seppur per un rotolare d’uova, vi ha perso di vista.
E allora cercherete di nuovo quella sensazione, ma sarà sparita. Passeranno i minuti ed un’inconsueta frenesia si anniderà dentro di voi, picchiettando con la sua voce sulle vostre incredule certezze. Dapprima l’ignorerete, cercando di fare più rumore di lei, accelerando il passo, quasi fosse possibile seminare le vostre emozioni. Riprenderete a parlare, sicuri di convincervi che quella corsa di uova non era che un miraggio, un frammento di una qualsiasi sagra di un qualsiasi paese. Nulla di speciale, solo folclore. Il tentativo di un sindaco disperato di attirare turisti in un borgo troppo difficile da raggiungere, troppo simile agli altri, troppo piccolo per riempire un’intera giornata. Nulla di speciale. Forse, ma, nei giorni che seguiranno, non smetterete di pensarci, risucchiati dalle vostre giornate, che tenteranno di riprendersi quel silenzio in cui eravate spariti.
Se come me avrete la necessità, di tanto in tanto, di questa droga, annegherete il naso in un libro e saprete che potrete ricominciare a smarrire. Proverete l’attesa della scelta fra gli scaffali, le uova più giuste da selezionare, l’odore di carta stampata di cui diverrete dipendenti, la quarta di copertina, smalto colorato per celare il valore reale del vostro uovo; la traiettoria che alla storia vorrete dare, ma che nessuno, a parte la volontà di una trama scoscesa e di uno scrittore impavido, potrà creare. La corsa che dopo le prime pagine, spererete di iniziare. La fine, il traguardo che già ipotizzerete di conquistare. Perderete voi stessi per trovare un tempo migliore o semplicemente differente, questo sarà allora leggere per voi e questo è già per me.
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