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Leggere per dire di aver letto

Creato il 09 ottobre 2012 da Camphora @StarbooksIt

Sto spolverando i resti del pasto di Giancarlo il Tarlo (ha divorato Tre metri sopra il cielo, abbandonato qui da un’avventrice poco accorta, che ho fatto fuggire a gambe levate intimandole di andare ad attaccare lucchetti a Ponte Milvio invece di impestare un bar per bene. Giancarlo, nemmeno a dirlo, dopo aver finito Tre metri sopra il cielo è andato in bagno a vomitare l’anima. Dopo aver vomitato stava così bene che ho dovuto rifare la scorta annuale di carta igienica), e mi viene in mente un’affermazione letta poco fa nel mio profilo facebook.
Parlavamo del Maestro e Margherita e dei commentatori di aNobii. Ovvero. Di quelli che hanno letto il libro ma non sembrano averci capito granché.
E insomma, secondo la mia interlocutrice bisogna comunque levarsi il cappello davanti a una persona che almeno ha letto il libro.
Io non lo so, se è così. Non c’è l’obbligo a leggere quello che non si capisce o che non interessa. E non c’è nemmeno un obbligo di parlarne in pubblico rischiando di sembrare dei pirla, scusate il francesismo.
Un tempo ho conosciuto una ragazza che lesse Il ritratto di Dorian Gray e il suo commento fu “ma non è possibile! Il ritratto invecchia!”
Forse era meglio se non lo leggeva e si dedicava a un documentario sulla Seconda Guerra Mondiale, se voleva roba reale.
Insomma, cosa è più importante? Leggere poco ma capire ciò che si legge, o leggere tanto e non avere una pallida idea di quello che si sta leggendo (però poi ne puoi parlare in società)?
Scusate, mentre rispondete vado a vedere se Giancarlo si sente bene. Ha appena addentato Messaggio per un’aquila che si crede un pollo e ho la sensazione che riprenderà la via del water. Nascondo la scorta di carta igienica, non si sa mai…



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