Io, il mio, lo adoro - anche se, come scrivevo qualche tempo fa, è stato lui a scegliere me.
In ogni caso, devo imparare a prendere la vita quotidiana con più leggerezza. A volte lo faccio; altre, invece, mi lascio prendere dalla frenesia, dalla fretta, dall'angoscia del "dover fare".
Devo ricordarmi di respirare e di tornare a sognare. (Con questo clima per me non è facile; ma tornerà bene la primavera...)
Non devo detestare troppo i miei capelli.
E poi fare tanti bagni profumati, leggere il più possibile, collezionare cose f-utili e accendere più spesso il camino.
Fermarmi, rallentare. Se non ho voglia di fare una cosa, non la faccio. Il mondo non finirà per questo.
Lasciare agli altri la tuttologia, le convinzioni inossidabili, le frasi granitiche sull'"è-così-punto-e-basta". Coccolare le mie indecisioni, ogni più piccola incertezza. Scansarmi per evitare il veleno, l'invidia, le cattiverie di chi non sa vivere - e per questo critica la vita altrui.
Riprendere in mano Jane Austen, i diari di Sylvia Plath e le parole di sangue di Alice Sebold. Devo leggere ciò che amo, non quello che gli altri mi consigliano.
Comperarmi un vestito quando trovo qualcosa che mi piace, alla faccia della crisi e del mio contratto da precaria.
Mangiare cioccolato fondente una volta al mese (non di più).
Essere ambiziosa (per me, mica per chi mi sta intorno).
Rammentare che tutte queste perle, chicche e chincaglierie mi sono state lasciate in eredità da persone che ho amato molto.