Vecchia copertina, vecchio libro
Confesso che per la terza volta nel giro di qualche decennio mi sono fatta convincere dal grande critico letterario che ogni sei mesi trova (o trovava) il libro del secolo. I primi due “libri del secolo” li ho comprati, letti con fatica, piantati lì e messi da parte. Mi sono appuntata il nome del grande critico letterario, capace di elevare a opera d’arte assoluta pagine che… anche meno, e ho resistito fino a qualche settimana fa.
Che cosa mi ha fatto cambiare idea? Il fatto che il romanzetto in questione fosse il primo tentativo prima di una lunga e fortunata serie che porta il marchio del vicequestore Rocco Schiavone. Così, mi son detta: magari stavolta il critico ha ragione quando scrive che è un romanzo denso, bellissimo, già colmo fino all’orlo di tutti gli elementi che ricompariranno in Schiavone.
Poi l’ho letto e, sì, sono riuscita a finirlo, questo. Volevo sapere chi era il killer, e siccome non sono una di quelli che a metà avevano già indovinato, ho dovuto arrivare all’ultima pagina. Ultima pagina che arriva in fretta (in fondo, se leggete le quindici, sedici righe di riassunto che trovate nella descrizione del libro, trovate già tutto; per certi versi, in certi punti o situazioni, più in chiaro del libro stesso). Non mi hanno infastidito particolarmente certi passaggi cruenti o disturbanti lamentati da altri lettori, necessari all’economia del racconto, ma molto più incisive e definite sono certe pagine noir di Carlotto, ad esempio. Qui, più che noir, ci ho visto un po’ di splatter.
Per il resto, l’ho trovato anche in altre parti frettoloso, bisognoso di passaggi più e meglio raccontati. Tra gli altri, le poche pagine finali che precipitano verso la conclusione rotolando a valle in un amen. Ugualmente, anche la psicologia dei due personaggi principali mi è sembrata tagliata un po’ con l’accetta, visto che fin da subito salta agli occhi del lettore che c’è un disgraziato cattivone e cinico affiancato da un quasi-buono un po’ triste e spento. Soltanto nelle ultime pagine (a mio parere, ovvio) emerge qualcosa di più nel carattere di almeno uno dei personaggi, ma non abbastanza da farmi scrivere di scavo psicologico o complessità delle persone.
Insomma, un giallo che si può leggere in fretta, anche con piacere, ma che non è per nulla all’altezza di molti (non tutti) i romanzi di Schiavone.
