Lorenza Lei, nata nel 1960, bolognese, laureata in antropologia filosofica, sposata con un figlio, è il nuovo direttore generale della Rai dove è entrata nel 1997.
Pare sia una donna con molti “padrini” affettuosi: vicina a Guido Bertolaso conosciuto al tempo del Giubileo, membro del comitato scientifico nella fondazione Magna Charta a fianco di Gaetano Quagliariello, vice capogruppo Pdl ai Senato, gradita a Gianni Letta e creatura cara a Saccà, impegnatissimo a sostenerla nella corsa alla poltrona.
Vegliano su di lei padrini ma anche padri spirituali influenti, quelli che pare l’abbiano voluta responsabile Rai Giubileo. Tra loro il Presidente della Cei Angelo Bagnasco e il segretario di Stato Tarcisio Bertone.
Già ieri sera alcune “influenti” nella rete e nei giornali online, pronunciavano giudizi compiaciuti e auspici benaugurali: una Lei in una posizione autorevole e di prestigio è una promessa per le donne.
Nomen omen. Sarò maliziosa ma mi sembra che la Lei in Rai abbia la stessa qualità dell’ambasciatrice Figa in Vaticano, potere allusivo di un patronimico.
Per il resto pretendo dalle donne la stessa laicità che pretendo da un direttore generale del servizio pubblico radiotelevisivo. E quindi non nutro speranze “di genere”. No, non mi aspetto nulla di buono da una nomina politica così funzionale e integrata al sistema e alla classe politica di governo. E meno che mai da un soggetto così intellettualmente contiguo per non dire compromesso con il Vaticano.
Ne scrivevo proprio ieri: rovesciato il principio cuius regio illius et religio, ha trovato nuova potenza l’ambiguo intreccio tra potere civile e potere religioso, nel quale ciascuna delle due parti aspira a ottenere dall’altra un supplemento di legittimità e potere.
La svolta autoritaria in atto nel Paese è connotata da una mostruosa limitazione della libertà dei cittadini e delle loro scelte di vita.
La libertà non è più diritto degli individui di decidere il loro modo di vivere, bensì diritto, addirittura non dello Stato, ma di una oligarchia al potere, di circoscrivere le libertà individuali in nome di una sua sicurezza e di un suo ordine morale.
Il sodalizio sempre più stretto e complice tra potere e chiesa ha prodotto sempre di più la traduzione del discorso religioso in discorso secolare, in modo che in nome di un malinteso ethos comune, vengono imposti come valori di tutti quelli cattolici, non negoziabili e non trattabili, in materia di vita, famiglia, morte, relazioni e abitudini sessuali, nascita e fecondazione e via via in tutti i settori cruciali dell’esistenza.
Allora ancorché Lei, ancorché donna, ancorché, si dice, efficiente, sospetto che il nuovo direttore Generale della Rai non si senta granchè impegnato nel garantire una informazione libera dal prevalere autoritativo di alcune pretese di verità o di primato morale. Che non diventino obbligatoriamente lesive e offensive della mia laicità che assicurino la piena legittimità etica del mio non credere, oltre che la sua legittimità e plausibilità intellettuale.
Appartenenze così schierate non rassicurano nemmeno sul fronte della difesa della dignità della donna, ferita più che dalle cattive abitudini del presidente, dal ristabilirsi di condizioni di subalternità nel lavoro, dalle differenze di trattamento economico, dall’esclusioni nei ruoli direttivi, nell’emarginazione nelle gerarchie aziendali e nei ruoli decisionali politici, nella condanna a subentrare e sostituirsi all’assenza di servizi sociali. E per una “arrivata” milioni pagano una condizione penalizzante che questo governo incrementa e perpetua.
Insomma c’è proprio da temere che la Lei finirà per deludere le “recentemente sveglie”. Per quanto mi riguarda di illusioni non me ne faccio di certo nemmeno se coprisse le veline riesumando i pudichi mutandoni vittoriani di Bernabei.
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