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LeieLui - Andrea De Carlo

Creato il 15 novembre 2010 da Alboino
LeieLui - Andrea De Carlo
Come spesso accade scrittori di grande successo nel nostro Paese sono invisi alla critica e a quel gruppo di lettori che si definiscono esigenti solo perché mostrano sottobraccio un “Adelphi” qualsiasi a dimostrazione della loro “sapienza”. Andrea De Carlo non sfugge a questa classificazione nonostante molti lo ritengono erede naturale di Alberto Moravia che non a caso passò attraverso le stesse contingenze dello scrittore milanese. Entrambi sono frequentemente accusati di aver scritto una grande opera prima al limite della perfezione e poi aver imbastito una carriera sfolgorante su quella stessa opera; oppure di usare una scrittura e un linguaggio al limite della semplicità tipico dell’italiano medio: un linguaggio scorrevole e trasparente che non si avvinghia in tormenti linguistici. E questo per me fa molto onore a De Carlo che posiziona dei paletti ben precisi nella sua produzione e lo fa essere molto amato dai suoi lettori. Il modo di narrare, la scrittura di De Carlo è speculare al contesto sociale in cui oggi la classe media italiana si trova a vivere: usi, costumi e consumi sono narrati nella maniera che più si addice alla totalità del ceto medio; quel ceto medio che frequenta i “non-luoghi” di Marc Augé, che è diventato esperto degli aeroporti internazionali dove salta da un week-end all’altro, che si trova a “consumare” forsennatamente e dove anche il sesso è ormai considerato non più come coacervo di sentimenti e confronto fra maschio e femmina con la risultante, poi, della famiglia, ma solo un altro momento “usa e getta” della nostra quotidianità.
Su queste basi, su un archetipo dove il trionfo del banale, del piatto, del conforme è sostanza vitale si innestano i personaggi del nuovo romanzo di Andrea De Carlo che come Moravia è bravo a introdurre in una “terra desolata” i suoi protagonisti che rappresentano il segno contrario al normale flusso della società e vengono a sparigliare quelle che per il lettore possono essere certezze esistenziali. Protagonisti che in apparenza sembrano calati nella “noia” moraviana o nella “nausea” sartriana ed invece con scarti fulminei riescono ad ergersi a modelli anticonformisti.
Il “Lui” di questa storia, quasi un cavalier errante, è un uomo disperatamente solo: Daniel Deserti scrittore di successo che fa il verso allo stesso De Carlo (“C’è molto di me, anche se Daniel rappresenta un’estremizzazione del mio carattere”), già scrittore di successo e narratore di fama mondiale che gli consente un comportamento sprezzante che fa strame di comuni mortali. Un modello che in apparenza può risultare antipatico per la sua tracotanza ma che se lo si osserva attentamente nella sua inquietudine nelle quasi 600 pagine del libro alla fine appare come esempio che tutti vorremmo imitare. Una vita vissuta al limite dell’autodistruzione (beve e tanto) e dell’insulto con un rapporto casuale con i figli, il disincanto è il modo con cui guardare il mondo: “cerca la brutalità dell’autentico”. E l ‘autenticità per Daniel Deserti significa perseguire l’assoluta onestà nei confronti prima di se stesso e poi di tutti coloro che gli stanno intorno. Il suo sguardo, la sua disillusione sul mondo gli fanno svanire tutte le illusioni giovanili, è questo che rende il suo carattere così aspro. Nel gioco delle parti, questa asperità si tramuta nella posizione aspramente critica del narratore De Carlo nei confronti dell’Italia di oggi: “una fatua e maleducata società dei consumi”.
La “Lei” invece è una donna apparentemente scialba senza forma interiore con un vissuto altrettanto disastroso come quello di Daniel Deserti. Un lavoro precario in un call center, ha una relazione sentimentale al limite della sopportabilità (vive nel mondo di lui sempre sull’orlo dell’imbarazzo) con un mediocre avvocato della borghesia milanese, rappresentativo del maschio italiano d’oggi giorno. Lei e Lui si incontrano (per non dire si scontrano) casualmente e da subito si coagula intorno a loro una tensione che li classifica al di sopra delle parti; una espansione sentimentale in cui non c’è posto per il sesso facile e veloce come l’attualità richiede. Una relazione che risulta comunque contrastata e che coinvolge i due protagonisti in una corsa ad ostacoli che solo nel finale troverà consolazione e compimento. E’ la passione il motore che spinge fino al limite delle conseguenze possibili, l’incontro tra i due protagonisti, una passione raccontata a capitoli alterni e improntata alla nuda verità della ragione. Il lettore viene coinvolto fino all’inverosimile in questa storia trascinato per intere pagine in analisi dei passati amori, riflessioni sulle relazioni presenti, previsioni di errori in procinto di ripetersi, aspettative, incertezze, resistenze. Un crescendo che arriva nel finale a farsi prettamente cinematografico com’è nelle corde dello scrittore e che i maligni allineano a quella narrativa di consumo fatta per essere venduta nei supermercati. De Carlo però sembra non badare molto a questo tipo di critiche e rivalutando il romanticismo tedesco esalta la spontaneità dei personaggi condannando il conformismo e l’ordinarietà del vuoto che ci circonda.
“LuieLei” è a tutti gli effetti un romanzo d’amore anche se prima della realizzazione finale si devono fare i conti con le resistenze, i dubbi, le ragioni, le contraddizioni che una donna e un uomo oggi si trovano a dover affrontare nel momento in cui si riconoscono e si innamorano e soprattutto dove alle spalle il vissuto non è dei più felici. De Carlo da bravo scrittore esistenzialista che prende molto a prestito Michelstaedter, Wittgenstein ed Heiddeger racconta una storia che è fatta soprattutto di voci interiori in cui i pensieri turbinano e le emozioni e i sentimenti dei protagonisti si fanno carne viva.
“Con una storia d’amore al tempo del disincanto, De Carlo rinnova la sua capacità di creare un terreno di identificazione per chi lo legge e, alle soglie dei 58 anni, torna alla felicità narrativa di Due di Due, ma con una maturità stilistica che vent’anni fa non aveva”.

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