Oblomov, di Ivan Gončarov, che sto leggendo in questo periodo, è senza dubbio un, se non il, puro esempio di lentezza e velocità contrapposte, con il protagonista che è di una lentezza esasperante e i personaggi che gli girano intorno di una velocità che sembra schizofrenica paragonata alla sua. La lentezza sublimata dalla pigrizia di Oblomov si ribella alla vita frenetica e socializzante degli altri. Esempio eccelso di lentezza già nella prima pagina, con questa frase “Dal volto, l’indolenza si comunicava all’atteggiamento di tutta la persona e perfino alle pieghe della vestaglia.”
Ma c’è ovviamente anche chi ha dato alla lentezza gli onori del titolo, come Milan Kundera che appunto ne La lentezza scrive: “C'è un legame segreto fra lentezza e memoria, fra velocità e oblio. Prendiamo una situazione delle più banali: un uomo cammina per la strada. A un tratto cerca di ricordare qualcosa, che però gli sfugge. Allora, istintivamente, rallenta il passo. Chi invece vuole dimenticare un evento penoso appena vissuto accelera inconsapevolmente la sua andatura, come per allontanarsi da qualcosa che sente ancora troppo vicino a sé nel tempo”.
C’è poi al contrario l’elogio della velocità con Il manifesto del Futurismo, che inneggia ad una letteratura e ad una poesia molto più rapide di quelle che erano conosciute fino a quel momento: “Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un’automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo... un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bella della Vittoria di Samotracia.” Inutile dire che al di là della bellezza di questo testo sono profondamente in disaccordo con il suo contenuto, rimanendo Oblomov per sempre.
Al contrario l’esistenza di Trenitalia rappresenta la capitolazione del mito della velocità, e ne troviamo la prova in Altravelocità: avventure di un viaggiatore in treno di Sandro Cappelletto, critico musicale molto noto agli addetti ai lavori e al grande pubblico perché collabora a La Stampa e a Le Monde. In “Altravelocità” veste i panni del viaggiatore su rotaia, cliente affezionato (per necessità) di Trenitalia. Racconta attraverso brevi aneddoti le disavventure quotidiane di chi viaggia in treno. Buona l'idea, anche se non particolarmente brillante l'esito.
Ma esiste anche la lentezza morale, molto diversa dalla pigrizia. Con Gli indifferenti Moravia analizza pugnacemente e con dovizia di esempi l’ambiente borghese a cavallo di due epoche, fino a tratteggiarne la visione esistenzialistica, contraddistinta da un’indifferenza che si traduce in immobilismo morale, incapacità a vivere la vita, superficialità con cui la società borghese si pone di fronte ai problemi dell’esistenza, ai valori più profondi e genuini dell’uomo.
In Memorie del sottosuolo di Dostoevskij invece, il protagonista racconta in che modo non sia riuscito a “diventare nemmeno un insetto”, proprio per il suo approccio estremamente riflessivo di fronte alla realtà, prima di agire cerca le cause, interiorizza, quindi è afflitto da accidia, pigrizia, ma non morale, anzi. Si contrappone agli uomini d'azione, i quali riescono ad imporsi delle mete e a seguirle fino in fondo, ma senza realmente sapere perché fanno quello che fanno.
Allo stesso modo L'uomo senza qualità di Robert Musil e La coscienza di Zeno di Italo Svevo propongono due personaggi (Ulrich e Zeno Cosini) caratterizzati da una lentezza della volontà, che si disperde tra idee, azioni, intendimenti e volizioni. È una lentezza che assume le forme dell’indecisione come incapacità ad orientarsi e a ricondurre ad unità i frammenti sparsi dall'eccessiva velocità che impedisce, o almeno rende difficile, di mettere ordine e di dare un senso logico agli eventi, lasciandosi quindi vivere lentamente, finendo schiavi di una sorta di inettitudine alla vita. È un po’ il pericolo di cui ci ammonisce anche Walter Siti ne Il contagio – e qui siamo in piena contemporaneità – quando sottolinea i pericoli insiti nella velocità con cui le informazioni, ridotte a cronaca, ci vengono sottoposte; una velocità con cui la ragione non riesce a stare al passo per cogliere “la concatenazione dei livelli” e “il male dell'insieme”.
L’Elogio dell’ozio di Robert Louis Stevenson, l’autore del L’isola del tesoro e de Il dottor Jekyll e Mr Hyde, è una curiosa rivalutazione dell’ozio, contrapposta ai dettami della società che vuole che si perseguano il dovere e il successo. L’incipit recita: “La cosiddetta pigrizia, che non consiste nel non far nulla, ma nel fare tanto di quel che i dogmatici formulari della classe dirigente non riconoscono, possiede un pari diritto ad affermare le sue prerogative di quanto ne abbia l’operosità stessa”.
Passo ora a parlarvi di Conoscerete la nostra velocità di Dave Eggers che non ho letto, ma considero Eggers un genio assoluto (come d’altronde si definisce ironicamente lui stesso nel suo primo romanzo) per quello che scrive e come lo scrive, e per il modo in cui vive la sua vita e per ciò che ha realizzato finora, quindi lo consiglio personalmente a prescindere. In questo romanzo il protagonista, Will, intraprende un giro intorno al mondo della durata di una settimana, durante il quale vuole regalare agli sconosciuti incontrati lungo la strada ciò che avanza del denaro ereditato da un amico. Per fare questo viaggio convince l'altro suo più caro amico, Hard, a seguirlo. Un viaggio pensato all'insegna della velocità, nelle idee di Will, e soprattutto di Hard che, avendo solo una settimana di ferie, vive ogni minuto perso come un motivo d’angoscia. Moltissimi eventi, storie e personaggi secondari, quindi, vengono raccontati in uno spazio narrativo brevissimo. Leggendo questo libro si viaggia veloci, non solo perché il viaggio intorno al mondo si snoda nell'arco di una sola settimana, ma anche e soprattutto perché è la scrittura di Eggers a correre veloce.Alla Baia è un racconto di Katherine Mansfield, una scrittrice neozelandese, morta ancora in giovane età, degli anni Venti: una baia popolata da una comunità vacanziera si sveglia lentamente, pigramente all'alba. Bellissima descrizione della notte che pian piano nel silenzio, rotto solo dall'ovattato passaggio di un gregge e del suo pastore, lascia spazio alle prime luci del sole che preludono al lento animarsi del luogo. E continuo a parlare con le parole esatte che mi ha inviato Dalé, l’Antani che mi ha dato quest’imbeccata: scritto meravigliosamente; la Mansfield era dotata di un tocco leggero e poetico nel descrivere scene, paesaggi, situazioni. Leggerla trasmette la sensazione di una brezza che entrando dalla finestra smuove i capelli mentre da lontano una voce richiama per l'ora del tè.
È ora il momento ricorrente di sulromanzo.it, il blog letterario più gettonato dagli Antani, e non solo perché alcuni di loro vi collaborano. Consiglio l’articolo di Morgan Palmas Print on demand: pubblicare libri senza truffe? che paragona la velocità del print on demand alla lentezza dell'editoria tradizionale. Segnalo poi che a luglio prossimo a Thiene ci sarà, organizzato da Sul Romanzo, kLit, il primo festival italiano di blog letterari, un festival che vuole cercare di interpretare la velocità di movimento di questi blog, ben lontani dalle macchine organizzative lente delle case editrici.
Vorrei infine chiudere citando in lingua originale l’inizio de La lepre e la tartaruga di Jean de La Fontaine: “rien ne sert de courir, il faut partir à point”.
Ringrazio ovviamente gli Antani, e in particolare per la puntata di oggi il Maestro Garlasco, Enzina, Fredd, Libbano, Dalé, Gerardo, Ludmilla, Elena… che mi hanno fornito tutti i suggerimenti e le informazioni, che purtroppo ho dovuto molto tagliare per mancanza di tempo radiofonico, lasciando da parte suggerimenti importanti quali ad esempio Le Lezioni americane di Calvino.
E se proprio devo, tornerò tra quindici giorni.
[Rigraziamo Effetto Notte]
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