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Leonardo da Vinci e il sapere epidermico

Da Astorbresciani
Leonardo da Vinci e il sapere epidermico Lunedì 24 maggio è andato in onda sul canale satellitare Fox il primo episodio della fiction televisiva Da Vinci’s Demons, una coproduzione internazionale il cui genere rientra nel fantasy storico. L’ho visto e sono inorridito. Il caso vuole che sia uno studioso di Leonardo da Vinci e che abbia nel cassetto un manoscritto su di lui che confido di pubblicare entro il 2019, quando cadrà il cinquecentesimo anno della sua morte. Perché sono inorridito? Perché questa fiction, ammirevole solo dal punto di vista scenografico, è un timballo che non ha rispetto né riguardi per la verità. Ci mostra un giovane Leonardo totalmente non credibile per non dire assurdo. La sua figura è adulterata, contraffatta in modo grossolano. È un libertino, uno sciupafemmine (seduce addirittura l’amante di Lorenzo il Magnifico!), un abilissimo spadaccino, un uomo ossessionato, una sorta di avventuriero che fa il verso a Batman e a Indiana Jones. D’accordo che è un fantasy, va bene che gli americani si bevono qualunque cosa purché sia spettacolare e titilli l’immaginario, ma qui si esagera in termini di licenze e invenzioni. Lo sceneggiato è così pieno di ingenuità e di errori che ci vorrebbero tre pagine per elencarli. L’incipit è paradigmatico. Un turco misterioso di nome Al-Rahim offre a Leonardo una pipa invitandolo a fumare un composto a base di elleboro nero e tabacco. Peccato che la serie sia ambientata nell’anno 1479, quando Leonardo aveva 25 anni, mentre il tabacco fu importato in Europa dall’America dopo la sua scoperta da parte di Cristoforo Colombo, avvenuta nel 1492. Vabbè, è una svista, si dirà, come quella dei kolossal americani in cui il centurione romano portava al polso l’orologio. No, non è la stessa cosa. Mi chiedo se i consulenti della produzione di Da Vinci’s Demons abbiano trovato il diploma di laurea nel sacchetto delle patatine. Io, invece, ho trovato inevitabile fare un confronto con lo sceneggiato televisivo intitolato La vita di Leonardo da Vinci che andò in onda sul primo canale della Rai nel 1971. Ho rivisto su DVD la prima delle cinque puntate di quella magnifica coproduzione (Rai, Ortf, Tve e Istituto Luce) che fu diretta da Renato Castellani e interpretata da attori indimenticabili, come Philippe Leroy nel ruolo di Leonardo e Giulio Bosetti in quello del Narratore. La differenza con la fiction americana è abissale, non c’è partita e il vecchio sceneggiato Rai stravince. Non soltanto perché racconta la vera storia di Leonardo (senza nulla concedere all’assurdo) ma perché seduce, eleva, istruisce il telespettatore con garbo e raffinatezza. Erano altri tempi. La televisione non si limitava a intrattenere l’utenza, svolgeva una funzione ludica non dissociata da quella educativa. La cultura serviva per affrancare dall’ignoranza e renderci migliori. Adesso si punta sui modelli esogeni, gli effetti speciali, la trasgressione, l’inverosimile, il condizionamento subliminale. In tale senso, un personaggio come Leonardo è ideale e presta il fianco. Non bastava l’assurdo Codice da Vinci di Dan Brown per mistificare l’immagine dell’uomo più geniale mai apparso sulla terra. Adesso va in scena una rivisitazione da Playstation che ne corromperà del tutto la figura. Penso soprattutto agli studenti di oggi (e degli ultimi vent’anni) la cui idiosincrasia per il sapere rischia di trasformare il nostro Paese in una landa di ignoranti e dislessici. Si convinceranno che Leonardo era un “figo”, un eroe da videogiochi, non un uomo dalla psiche complessa e dal talento creativo incomparabile. Immagino che se un istituto di ricerche (tipo Doxa o Eurisko) svolgesse un’indagine fra gli italiani di età compresa fra i 14 e i 36 anni atta a valutare la loro effettiva conoscenza della vita e dell’opera di Leonardo da Vinci, emergerebbero dati sconfortanti. Tuttavia, non fasciamoci la testa. La fiction in onda su Fox farà lievitare il sapere. Purtroppo sarà un sapere fasullo, confuso, diseducativo. Quel sapere, tanto per intenderci, che oggi detta legge in ogni campo e che io chiamo “epidermico”. Oggi, la conoscenza si ferma sulla pelle e spesso crea prurito, allergie e disturbi dermatologici. Anzi, le nozioni si applicano sul primo e più superficiale dei tre strati che compongono la pelle. Ragion per cui non attecchiscono ma svaniscono subito. Non viviamo forse nell’epoca della velocità e della fretta? È normale apprendere in modo superficiale, epidermico per l’appunto. C’è stato un tempo in cui si credeva che le persone istruite fossero avvantaggiate. “Studia se vuoi avere successo nella vita!” – dicevano genitori e nonni. Poi si è capito che non è vero. Ne sa qualcosa l’esercito dei laureati disoccupati. Bisogna essere sfacciati, fortunati e possibilmente non avere scrupoli per fare strada nella vita. A che serve essere colti in una società che premia gli incompetenti purché abbiano le amicizie giuste o un aspetto fisico premiante? A che serve sapere tante cose e saperle bene se le opinioni contano più delle idee, il potere più della sapienza, il denaro più dell’intelligenza? Socrate diceva: “So di non sapere”. Era un presupposto magnifico per apprendere. Oggi, si afferma “credo di sapere” e in realtà non si sa nulla e quel poco che si sa è sbrigativo, effimero e il più delle volte sbagliato. I mass-media ci bombardano con informazioni sincopate, approssimative e tendenziose. La televisione e il cinema profanano la storia, la religione, la morale e impongono versioni fittizie che finiscono per diventare realistiche. Il risultato è che assimiliamo i luoghi comuni, le visioni distorte, l’eru(di)zione cutanea. Ci si convince di sapere. Il paradosso è che oggi è facilissimo avere accesso alla conoscenza (basti pensare a Internet e Wikipedia) ma ciò non favorisce l’acculturamento. Se mai, contribuisce a fare della cultura un discount market. Si compra a tanto al chilo, senza controllare l’etichetta, senza preoccuparsi della qualità della merce. Un caso eclatante è quello dell’industria editoriale. Si pubblicano tanti di quei libri spazzatura che non basterebbe un’altra discarica come quella di Gerenzano per accoglierli tutti. Ripensando all’utenza televisiva di Da Vinci’s Demons mi chiedo che idea si faranno del genio toscano quelli che hanno studiato poco o male, quelli che non leggono o comunque non leggono i libri seri, quelli che sono privi di capacità critica e tanto più incapaci di ragionare con la propria testa. Beh, si faranno un’idea sbagliata difficile da correggere. Ma non forse è il destino della conoscenza e della realtà? Non siamo forse vittime e a un tempo promotori di un sapere tegumentale che ci aliena dalla verità? Fortunatamente, siamo ancora liberi di scegliere. Non è sbagliato seguire una fiction televisiva che offende la verità, basta esserne consapevoli e godersi lo spettacolo. Abbiamo sempre la possibilità, qualora volessimo approfondire il tema e conoscere il vero, di leggere qualche libro giusti. Come il Leonardo di Edmondo Solmi, il Leonardo di Serge Bramly, il Leonardo di Martin Kemp e il Leonardo & io di Carlo Pedretti. È iniziato così il mio innamoramento per l’uomo senza pari che seppe cogliere la bellezza e intuire il futuro meglio di chiunque altro. Ma questa è un’altra storia, ovviamente.

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