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I primi anni delle secondarie li aveva però seguiti in una scuola russa di Berlino, dove la famiglia si era trasferita, per continuare poi al Liceo d'Azeglio, quando i Ginzburg si stabilirono a Torino.
Leone frequenta ancora il Liceo quando comincia a scrivere lunghi racconti, traduce da Gogol Taras Bul'ba, scrive un saggio su Anna Karenina.
Non sorprende, quindi, che dopo essersi iscritto alla Facoltà di Legge, l'abbia abbandonata l'anno dopo per Lettere.
Non sorprende nemmeno se le frequentazioni con Norberto Bobbio, Augusto Monti e altri intellettuali torinesi (a Parigi, dove si era recato per completare la tesi di laurea, aveva anche avuto modo di incontrare, Croce, Carlo Rosselli, Salvemini), hanno in qualche modo influenzato i suoi orientamenti politici.
È così che Leone Ginzburg, che dopo la laurea in lettere moderne aveva subito ottenuto la libera docenza e che con Giulio Einaudi aveva appena costituito l'omonima Casa editrice, viene estromesso dall'Università: l'8 gennaio del 1934, infatti, rifiuta di prestare giuramento di fedeltà al regime fascista.
Non solo: intensifica l'attività clandestina nel movimento "Giustizia e Libertà" e poche settimane dopo viene arrestato con Carlo Levi, Augusto Monti ed altri.
Il Tribunale speciale condanna Ginzburg a quattro anni di reclusione. Un'amnistia glie ne risparmia due, e lui esce dal carcere di Civitavecchia il 13 marzo del 1936.
Come sorvegliato speciale non può svolgere attività pubblicistica, così svolge, con Cesare Pavese, un intenso lavoro all'Einaudi.
Si sposa nel '38 con Natalia - scrittrice - e lo stesso anno, a causa delle leggi razziali, perde la cittadinanza italiana.
Quando, nel 1940, l'Italia entra nel conflitto, Ginzburg è arrestato e confinato, come "internato civile di guerra" in Abruzzo, a Pizzoli.
Con la caduta del fascismo, il giovane intellettuale ritorna a Roma ed è tra gli organizzatori del Partito d'Azione e poi delle formazioni partigiane di "Giustizia e Libertà".
Lavora alla sede romana dell'Einaudi e, durante l'occupazione, adotta il nome di copertura di Leonida Gianturco. Dirige Italia Libera, giornale del Partito d'Azione, sino a che viene sorpreso nella tipografia clandestina.
È il 20 novembre del 1943. A Regina Coeli i fascisti scoprono presto chi è davvero Leonida Gianturco e il 9 dicembre Leone Ginzburg viene trasferito nel "braccio" controllato dai tedeschi. Interrogatori, torture, una mascella fratturata. Nel gennaio del 1944 il prigioniero è trasferito, quasi incosciente, nell'infermeria del carcere.
Un mese dopo, mentre i suoi compagni stanno organizzando un'improbabile evasione, Leone Ginzburg viene trovato morto.
anpi.it/donne-e-uomini/leone-ginzburganpi.it/donne-e-uomini/leone-ginzburg
Natalia continuò con successo l'attività di scrittrice. Scelse di portare sempre il cognome del marito scomparso, con il quale firmò tutte le sue opere.
"Il primo significato di libertà che assume la scelta resistenziale è implicito nel suo essere un atto di disobbedienza... Per la prima volta nella storia dell'Italia unita gli italiani vissero in forme varie un'esperienza di disobbedienza di massa".
(Claudio Pavone)
"Non occorre essere forti per affrontare il fascismo nelle sue forme pazzesche e ridicole: occorre essere fortissimi per affrontare il fascismo come normalità, come codificazione, direi allegra, mondana, socialmente eletta, del fondo brutalmente egoista di una società".
(Pier Paolo Pasolini)
"Furono anni in cui molti diventarono diversi da ciò che erano stati prima... Diversi e migliori ognuno sentiva di dover dare il meglio di sé. Questo spandeva intorno uno straordinario benessere, e quando ricordiamo quegli anni, ricordiamo il benessere insieme ai disagi, al freddo, alla fame e alla paura, che in quelle giornate non ci lasciavano mai".
(Natalia Ginzburg)
http://digilander.libero.it/primularossa_43/tradizioni/under/table/poesie/14.htm
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