Popolarità vera, almeno in Toscana, Silvestro Centofanti l’ebbe nel ’48. La sua eloquenza, la sua fede politica, la sua amicizia col Niccolini, col Capponi, col Giusti, col Salvagnoli, col Gioberti, col Manzoni, col Mayer, col Montanelli, che la chiamava « luce dell’anima mia », col Tabarrini, col Tommaseo, con tutta insomma una pleiade d’intelletti più o meno eccelsi, gli consentivano una dignità che faceva battere il cuore alla gioventù ch’egli adorava, e della quale, come disse il Gualterio, era l’idolo. […]
Pisa – Ponte della Fortezza
Dal 1869 al 72, e tutte le volte dipoi che da Firenze tornavo nella sua e mia Pisa, (più propriamente egli era di Calci, presso Pisa, antico, industre e bellissimo paese che lo aveva visto nascere l’8 novembre 1794) non passò mai una settimana ch’io non andassi a trovarlo. […]
Abitava fuori Porta alle Piagge, in riva all’Arno, in un palazzo solatio, carezzato dall’aria pura e fragrante delle aiuole del bel passeggio. Oltr’Arno, in faccia a lui, glorioso ammiratore della filosofia galileiana, era nato appunto il divino Galileo, e, come Galileo, anch’egli era cieco. Nelle tenebre che lo avvolgevano si nutriva di ricordi, e quali ricordi !
Per quanto il clima di Pisa sia dolce, o quasi dolce, e tale da essersi meritate le benedizioni del Leopardi, pure quella mattina, ch’io conobbi il caro vecchio, tirava un tramontano così screanzato e penetrante nell’ossa, ch’egli se ne stava tutto infagottato in un tabarro di taglio antico foderato di vaio, e le brevi mani inguantate di mezzi guanti di lana, posate su uno scaldino di ciò a cervarvi ristoro. Sedeva sopra un divano di crino nero a fiorami, e sulla testa veneranda gli pendeva, appesa alla parete, un’Italia in figura a vivi colori, brandente la gaia bandiera e portante in calce la nota leggenda quarantottina: Italia libera, Iddio lo vuole! […]
( Leopoldo Barboni, tratto dal racconto “Le passeggiate con Silvestro Centofanti” dal libro “Geni e capi ameni dell’ottocento”, Bemporad & Figlio, editori, 1911 )