Paolo Veronese, Allegoria della Battaglia
di Lepanto, Venezia, Gallerie dell'Accademia
Il maggior interesse all'azione era del papato stesso che, già impegnato nella lotta al protestantesimo e alle eresie, trovava il modo di compattare i campioni della cristianità e di ribadire, in caso di vittoria, l'appoggio dato da Dio alla chiesa cattolica. Ma non meno forte era il bisogno del vastissimo Impero spagnolo di munirsi di forti alleati per la difesa di una frontiera esposta ad attacchi continui e di sostenere lo Stato Vaticano, fondamentale nel legittimare il potere degli Spagnoli stessi contro i tentativi di rovesciamento francesi e le spinte dei principi protestanti in Germania e delle province calviniste olandesi, agguerrite nella lotta per l'indipendenza. E c'era poi la Repubblica di San Marco, che proprio ad opera degli Ottomani aveva visto pesantemente danneggiati i propri interessi commerciali, perdendo il fondamentale rapporto con Costantinopoli e trovandosi costretta ad un'espansione nell'entroterra che l'aveva messa in contrasto con gli altri Stati regionali della penisola; l'occupazione turca di Cipro, dominio della Serenissima dal 1480, fu l'occasione per cercare uno scontro legittimato a livello sovranazionale.
Stendardo della Lega Santa,
Museo Diocesano di Gaeta
La flotta della Lega si radunò a Messina e salpò alla volta di Lepanto a metà settembre con un imponente schieramento di galee (209, di cui 129 fornite dai Veneziani) e di cannoni. I tentativi di trattativa e di intercettazione della flotta turca, più numerosa, ma inferiore per potenza di fuoco, fallirono fino alla decisione di Colonna di bloccare i turchi nei pressi di Patrasso. La battaglia si risolse con la totale disfatta della flotta turca, smembrata dal fuoco dei cannoni della Lega; Alì Pascia, che la guidava, fu decapitato.
Come tutti gli scontri fra civiltà, la battaglia di Lepanto e, in generale, la guerra contro gli Ottomani, avevano una natura essenzialmente politica ed economica, come dimostra l'ingente impegno della principale potenza commerciale nel Mediterraneo orientale, eppure fu acclamata essenzialmente come un trionfo religioso. Anche la Serenissima, che si era e si sarebbe sempre distinta per la sua indifferenza quando non addirittura ostilità nei confronti del dogmatismo cattolico e delle manovre pontificie, esaltava la vittoria come un segno della provvidenzialità del dominio veneziano, per il quale anche Dio e i santi si prodigavano. Lepanto fornì al cattolicesimo un polmone forte per far spirare il vento di riconquista cattolica, consegnando alla gerarchia controriformista un potente argomento da strumentalizzare nella cieca battaglia per l'affermazione della morale e della cultualità della Chiesa romana.Alla luce di questa campagna ideologica nacquero opere d'arte che rappresentavano allegoricamente lo scontro navale come l'esito di un intervento divino, come fece Paolo Veronese su commissione della Repubblica di San Marco e poemi fortemente intrisi di una religiosità vittoriosa: non a caso le prime edizioni della Gerusalemme Liberata del Tasso vennero pubblicate (inizialmente senza il consenso dell'autore), fra il 1575 e il 1581. Come accade ancora oggi, infatti, il mondo editoriale colse la portata di un poema che, all'indomani di uno scontro fra cristiani e musulmani, esaltava la provvidenzialità e il valore dei cavalieri che avevano fatto trionfare il cattolicesimo liberando la Città Santa dagli infedeli.
Anonimo, La battaglia di Lepanto, Royal Museums Greenwich.
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C.M.