Se c’è un’immagine che testimonia il crepuscolo di un’ era è quella di Berlusconi costretto a presentare un libro su Scilipoti. La dialettica servo padrone sembra scolpita nell’espressione del tycoon che ha bisogno del comprato e che si abbassa con falsa letizia ai più mesti servigi pur di garantirsene la fedeltà. E risalta a tutto tondo nell’espressione castamente trionfante del valletto che tiene per le palle il sultano.
E dietro, nel proscenio, lo scalpitare di quelli che si fanno camerieri per sfruttare fin che possono un potere privo di qualsiasi etica e intelligenza. Quando mai ricapiterà loro di essere al centro al centro dell’attenzione scrivendo fesserie dove politica, olistica, agopuntura e quant’altro finiscono in un cocktail penoso quanto maleodorante?
E infatti l’autrice di queste memorie e giustificazioni di un uomo in vendita, si presenta così su Facebook, comparandosi a Michelle Obama. I tristi graffiti di un’epoca. Ma bisogna rendere omaggio a questa Matilde Serao degli sguatteri di averci rivelato in tutta la sua potenza l’assoluta idiozia del servo suo padrone e donno. Non si sapeva infatti , o mi era sfuggito, che una delle battaglie politiche di don Domenico, una di quelle con cui tenta di salvare l’Italia, evidentemente non da se stesso, è di chiedere la restituzione dei resti del bandito Giuseppe Villella, oggi conservate al Museo Lombroso di Torino: «chiedere la restituzione dei resti di Giuseppe Villella. Si tratterebbe di un atto dal profondo valore simbolico e rappresenterebbe un segno di vera riconciliazione nazionale». Insomma non gli bastano i banditi vivi, vuole anche quelli morti.