E’ appena uscito Dangereyes, il terzo album studio de Les Trois Tetons, gruppo savonese che spazia dal Rock al Blues al R&B.
Conosco il valore assoluto della band, per averla ascoltata più volte dal vivo, l’ultima delle quali il febbraio scorso, come opening act dei Nine Belowe Zero… mica roba da ridere!
Ogni volta che esprimo un giudizio su questo gruppo, alla fine cado sempre su un concetto, tra il doloroso e il gratificante, che potrei semplificare dicendo che, nascere nel posto giusto al momento giusto può determinare il corso della nostra storia. Concetto scontato, lo so, ma mi immagino Zac e soci a Londra, fine anni ’60… tutta un’altra storia!
Nelle domande a seguire ho cercato di scavare un po’ per carpire e capire un po’ di filosofia musicale e di vita del gruppo, e dall’unione delle risposte si delinea una picture che aiuta a comprendere qualcosa in più della band.
Ma alla fine è la musica che deve parlare.
Credo che chi ha visto almeno una volta una performance live della band, se ama il genere, possa comprare un loro album a colpo sicuro. Ho visto con i miei occhi i musicisti dei NBZ, in attesa della propria esibizione, assistere ammirati L3T, e due anni prima, a Varazze, avevo assistito ad un esempio di interazione entusiasmante tra gli stessi NBZ e il frontman Zac, pronto a “rubare “ il palco per un bis a più voci. Indimenticabile.
Si formano nel 1992 come rhythm and blues band, per esordire nello stesso anno dal vivo a Genova. Dal 2000 la line up è immutata: il gruppo è composto da Zac (voce, chitarra e armonica), Icarus (basso), Guido (batteria), Barbon (chitarra e slide)…. questo l’inizio di biografia rintracciabile sul sito :
http://www.3tetons.it/,
spazio in cui si possono trovare testi e sample di Dangereyes, e molto di più ancora.
Undici brani composti ed eseguiti nella migliore tradizione R&B, dove il virtuosismo del singolo elemento assume minore importanza rispetto al mix globale, omogeneo e di grande qualità.
L’ascolto di un gruppo “nuovo” (anche se in questo caso sarebbe meglio dire “meno visibile” rispetto ai mostri sacri conosciuti) conduce sempre a paragoni importanti, ed è forse questa una necessità del recensore, che in questo modo fornisce indicazioni e induce a scoprire qualcosa di più. Nel caso de L3T (Dangereyes è il primo loro album che ascolto, e ne ho avuto immediata conferma) credo si possa parlare di “maturità” musicale, quel sottile status che si ottiene in modo spontaneo quando il proprio ”lavoro” viene preso in considerazione non in relazione ad altri, ma semmai ai propri precedenti.
Una delle mie domande verteva sulle liriche perché ho trovato estrema cura nella loro applicazione alla musica. Non credo esistano regole rigide sulla priorità di inserimento, tra musica e testo, ma il partire dalla storia, dalla parola è più iter da cantautori… i rockettari, imbracciata una chitarra, trovano subito il blues o il riff ritmato. Ma un testo appropriato e “sentito” da enorme valore aggiunto, non dimenticando mai che certi modelli musicali d’oltreoceano nascono e si alimentano attraverso “il sociale”, attraverso il dolore e la condizione umana. Ne ho scelto uno che ho apprezzato particolarmente:
The Ghost of my Mother
Una sera nella mia cucina
Bevevo in bicchiere di vino
Ho sentito bussare alla finestra
Non mi sentivo molto bene
Poteva essere stato il vento
A ricordarmi di una vecchia storia:
Quando stai per morire
I tuoi genitori vengono a portarti via
In un’altra terra
In un’altra vita
Ti portano via dai tuoi problemi e dalla tua sofferenza
Nessuna preoccupazione al mondo
Vorrei andarci e restare
Ma forse non farebbe differenza
Mi sentirei allo stesso modo
Una sera dopo cena
Sentire bussare mi fece rabbrividire
Ma quando aprii la porta
Non c’era nessuno
Scesi in strada e vidi
Mia madre, ero perduto
Dato che era morta molto tempo prima
Era uno spirito o un fantasma?
Una promessa mi ha fatto tornare, figlio mio
Non avere paura – disse – dormi tranquillo
Se sei solo starò con te
La tua ora deve ancora venire
Un bel disco, un ascolto sciolto e gradevole. Il mio primo "passaggio" è avvenuto durante un viaggio in auto … abbinamento perfetto!
SET LIST
Berlin 1987
The Ghost of my Mother
Waiting
No Scars
Beaujolais and Sufferings
Cats and Rags
Dangereyes
Nightlife (Followed by Shadows)
The Invisible Third Man (North by Northwest)
Don’t Trust the Mirror
A shot of air
L’INTERVISTA
Siete arrivati al terzo disco in studio e gli anni di gavetta sono ormai cospicui. Che cosa secondo voi occorre fare nel momento attuale, nel nostro paese, per poter vivere di sola musica?
Ah, se lo sapessimo lo faremmo! Comunque non abbiamo vissuto questi anni come… gavetta, cioè in attesa di un eventuale successo, ma giorno pergiorno, cercando semplicemente di fare quello che ci sentivamo. Vivere suonando questo tipo di musica in questo paese è una battaglia ardua, anche semagari a vent’anni, con tanta determinazione e una dose di coraggio, magari con qualche compromesso, ci si potrebbe provare. Passati i quaranta meglioavere uno straccio di lavoro e suonare cosa e quando ti pare.
L’ultima volta che vi ho visto suonare era febbraio, prima dei NBZ. Ricordo ancora il labiale deluso quando vi comunicarono che eravate giunti all’ultimo brano. La cosa che mi ha sempre colpito di voi è la capacità di stare sul palco e di coinvolgere l’audience. Che cosa rappresenta per L3T la performance live? Meglio lo studio di registrazione o il palco?
Bellissima serata quella, per cui dispiaceva davvero lasciare il palco, anche se doveroso, ma comunque piacevole, visto che anche noi attendevamo con piacere il gruppo a seguire. Il live è tutto, è la celebrazione della musica, che per come la vedo io è fatta di un’intesa tra esecutori e ascoltatori. Naturalmente anche le prove sono importanti, come del resto le registrazioni, perché rappresentano il momento in cui dai una forma aquello che stai cercando di creare. Poi però suonandolo dal vivo gli dai veramente un senso.
Domanda per Zac: qual è per te il modo più gratificante di esprimersi on stage … voce, armonica o chitarra?
Musicalmente nasco come cantante, ma l’armonica è lo strumento che mi ha dato più gratificazioni, quello con cui mi esprimo nel modo più naturale. Allo stesso tempo la chitarra mi è indispensabile nel comunicare con gli altri musicisti del gruppo. Insomma potrei anche fare soltanto il cantante puro ma mi mancherebbe qualcosa.
Il vostro tipo di musica non può prescindere dalla lingua inglese, ma ho visto che avete avuto cura di tradurre i testi, segno che le liriche non sono solo un complemento alla musica e tenete al fatto che il vostro pensiero sia ben compreso. Come nasce una vostra canzone? Prima testo o musica o… non c’è regola?
Soprattutto in questo disco i testi sono stati curati nel miglior modo possibile, tenendo conto del fatto che comunque nessuno di noi è madrelingua. Però l’inglese è particolarmente adatto al nostro genere, è la sonorità con cui esso è nato e che inevitabilmente hai nelle orecchiequando ti approcci a Blues e Rock, d’oltre manica e d’oltre oceano (anche se per la prima volta ho azzardato un ritornello in tedesco, lingua che secondo me si presta bene e alla quale sono molto legato ). Bisogna dire, rispondendo alla tua domanda, che nel nostro caso nasce sempre prima la musica, poi ci si abbina il testo; a volte una storia, a volte solo frasi che suonano particolarmente bene, dipende anche da chi propone la canzone.
In un gruppo le influenze dei singoli musicisti sono sempre varie. Qual è l’artista o la band che, nel vostro caso, mette tutti d’accordo?
Anche se nasciamo sotto l’egida della passione per gli Stones, è molto difficile mettere d’accordo tutti, avendo gusti che pur intersecandosi, ovviamente, sono anche spesso diversi fra loro. Forse uno dei grandi nomi indiscutibili come Hendrix, o i Led Zeppelin, può servire allo scopo.
Esiste un aneddoto, un ricordo, legato a qualche esperienza importante, che vi ha lasciato qualcosa in più rispetto ad altri?
Gli aneddoti sono tanti, ma probabilmente poco interessanti per chi non li ha vissuti all’interno del gruppo. Non viviamo molto di ricordi, le esperienze più belle che mi vengono in mente sono quelle più recenti,ovvero i concerti in Germania e Svizzera dell’anno scorso e la serata con i Nine Below Zero, che ha chiuso un po’ un cerchio, dato che vent’anni fa io imparavo a suonare l’armonica proprio sul loro primo disco. Vederli poi osservarci interessati e sentirci fare i complimenti per la nostra musica è stata una grande soddisfazione.
Sento spesso dire che in Italia mancano i talenti. Io penso piuttosto che manchino le opportunità. Qual è il vostro pensiero?
Credo che in Italia ci siano opportunità solo per certi tipi di musica,c’è una visione già un po’ restrittiva, peggiorata poi ulteriormente dal basso livello – odierno - della cultura musicale e dall’appiattimento dei gusti, fattori che hanno più di una causa. Potremmo parlarne una serata intera, ma non so se giungeremmo a delle conclusioni costruttive. È un discorso anche legittimo, ma che poi sfocia spesso nel solito mugugno.
Mi dite i nomi di tre album da portare in viaggio per sempre?
Pochi! allora due doppi: Exile on Main Street dei Rolling Stones, London Calling dei Clash, Rain Dogs di Tom Waits.
C’è spazio nel vostro progetto per la sperimentazione, per l’utilizzo di nuova tecnologia?
Dipende che cosa intendi per nuova tecnologia, a volte già un pedalino/effetto è un’avventura. Siamo molto legati a sonorità datate, amplificatori valvolari e pochi fronzoli. Certo che poi registrando al giorno d’oggi vieni inevitabilmente a contatto con quella che ora è la realtà della tecnologia musicale: il digitale impera e offre possibilitàuna volta impensabili, anche scorciatoie molto pratiche, di cui però un gruppo come noi è meglio non abusi.
Che cosa vorreste accadesse a Les Trois Tetons nei prossimi tre anni?
Intanto continuare a suonare insieme. Poi ancora qualche soddisfazione, qualche bel festival e altri concerti all’estero, magari ancora un disco.Se poi vogliamo proprio sognare, allora mettici pure un bel contratto equalche milione di dischi venduti.