Magazine Diario personale

Lesa maestà a Brera

Da Kisciotte @Kisciotte_Dixit
È rimasto un vuoto, nella pienezza di stomaco del “giovedì gnocchi” di settimana scorsa, che ora vado a colmare. Riprendo quindi il sugo del discorso da esco e vado incontro al mio destino. (la lettura è consigliata, ma non indispensabile, per apprezzare il seguito).Satollo come un atollo satollo, me la sono fatta a piedi fino in centro, senza che dalla sala macchine arrivasse il pur minimo segnale di attivazione digestiva: situazione in perfetto stallo, nessun miglioramento, nessun peggioramento. Ho fatto rotta sull’Accademia di Brera, intenzionato a vedere “Brera incontra il Puskin. Collezionismo russo tra Renoir e Matisse”.
Vergognosamente devo ammettere che non ero mai stato dentro le sale museali di Brera, così mi sono vista sia l’esposizione temporanea con una dozzina di opere impressionistiche provenienti dal museo russo, sia la permanente dell’Accademia.A parte la noiosa trafila di santi, madonne e cristi in croce (non lo dico per polemica religiosa, ma per l’estenuante monotematicità plurisecolare dei soggetti), mi sono imbattuto in alcune opere che la mia ignoranza mai avrebbe sospettato fossero conservate a Brera.
Giusto il tempo di maturare la convinzione, camminando tra gli affreschi di Luini e Bramante, che l’affresco esercita su di me un fascino incomparabile di ingenuità da pastello infantile, che mi si è parato davanti il Cristo morto di Andrea Mantegna. Con quella prospettiva ardita, quel cristo immortalato morto in un’atmosfera così divinamente umana, il quadro mi ha catturato. Prima sono rimasto a rimirarlo nei piedoni, poi sono rimasto ancora a curiosare come un cane da tartufo perché non mi capacitavo che fosse l’originale. Se ci pensate è abbastanza assurdo che La Gioconda sia conservata al Louvre tra mille misure di sicurezza, mentre questo capolavoro stia lì, alla mercé del primo squilibrato che volesse avvicinarsi e deturparla. Davvero una sproporzione di precauzioni.Intanto, tornando al motivo della mia sortita, ancora nessun rilevamento di attività digestiva.
Dopo decenni ho anche visto dal vivo due immagini che ricordavo indelebilmente dai libri scolastici di storia dell’arte. Per l’esattezza Lo Sposalizio della Vergine di Raffaello Sanzio e la Pala di Brera di Piero della Francesca. Stanno lì, loro due sole, in una stanza: un vero e proprio flashback agli anni di scuola.Ma restando alle urgenze del presente, ecco che a un certo punto, improvvisamente, come fulmine, anzi come tuono a ciel sereno, una gragnola di burble burble ha decretato il trionfo dell’umano spirito sulla materia. La forza di volontà ha avuto la meglio sulla patata (quella degli gnocchi, che per quella della gnocca non c’è tiro di cavalli che regga).Con estrema eleganza, tutti i giochi d’aria digestiva li ho lasciati emergere in guisa di sostenuti borbottii, quasi mormorassi tra me e me un burbero apprezzamento con riserva sull’opera d’arte.
E a tal riguardo, ho dovuto riconoscere buon gusto, ovvero particolarmente rancido, al mio stomaco, dato che ha pensato bene di iniziare a digerire proprio in faccia alla solenne statua di Napoleone, nel salone principale.Mai mi sarei perdonato di annebbiare le delicate ninfee di Monet!Come voglio bene al mio stomaco quando rutta in faccia alla tracotanza da sciovinismo imperiale!
Decogestionato e baldanzoso, con estemporaneo afflato d’ottimismo e la ritrovata agilità di un bradipo, sono proseguito giulivo verso le ultime stanze, in un trionfale crescendo di pittura popolar-campagnola.Mi sono beato nelle placide scene bucoliche della maremma toscana di Giovanni Fattori, e nelle romantiche mucche nei Pascoli di primavera di Giovanni Segantini.
Poi, sul finale, Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo ha coronato di un suo perché lo schiaffo di stomaco al Marte Pacificatore.
K.

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :