“Leser lieben Leipzig”, letteralmente: i lettori amano Lipsia.
Non si sarebbe potuto invero pensare a uno slogan più veritiero per la Leipziger Buchmesse, la fiera del libro di Leipzig, anche in questo 2012 confermatasi all’altezza delle aspettative.
Svoltasi come sempre dal 15 al 18 marzo, strategicamente in apertura del mercato primaverile, Leipzig è la seconda fiera del libro tedesca per grandezza dopo Frankfurt e sicuramente una delle principali in Europa. Quattro giorni di attività con all’attivo più di duemila editori da 36 paesi diversi e un aumento di mille esposizioni (+8%) dalla scorsa edizione. Numeri che fanno impallidire anche la piazza dell’altro principale evento editoriale di primavera, la London Bookfair.
Sarebbe però un errore paragonare eventi così diversi tra loro. Fiere per i tecnocrati dell’editoria – quelle di Francoforte e Londra – “trade-fairs” spasmodicamente concentrate sui trend internazionali e i fenomeni editoriali che muovono i grandi numeri; una festa di lettori, scrittori e librai invece – quella di Leipzig – con l’obbiettivo dichiarato di amplificare in toto il buzz attorno ai libri partendo “dal basso”, dal bookworming.
Una differenza non solo di indole ma di metodo, che fa sì che Leipzig, sottovoce nell’arena internazionale, possa invece rappresentare il vero propulsore del mercato nazionale tedesco, veicolo per un aumento esponenziale di vendite e spartiacque per l’attesissimo aggiornamento della “bestseller list” pubblicata dal Der Spiegel.
Una diversità necessaria per sopravvivere a Francoforte, ma che va oltre, e che fa riaffiorare il clima di quella Leipzig che prima della parentesi della DDR non aveva rivali neanche sulle sponde del Meno.
Perché però i lettori amano Leipzig? Si potrebbe provocatoriamente rispondere solo con un “perché i tedeschi amano leggere, e molto”. Concesso. Ed è proprio per questo che la città negli stessi giorni della fiera ospita Leipzig liest (Lipsia legge), un evento gemello alla fiera stessa che quest’anno ha visto 2780 tra autori e collaboratori impegnati in 2600 tra presentazioni, letture e dibattiti sparsi per il volto tutto della città dell’est. Una quantità esorbitante di eventi in cui il bestseller non vuol dire nulla a confronto di un’intera città che si offre da palcoscenico per l’intero cosmo dei possibili interessi librari sotto forma di lettori che arrivano ad hoc da tutta la Germania, e che sfondo – bellissima, Lipsia. Una cultura del libro variegata che si fonde agli umori delle architetture che la ospitano, con letture classiche in chiese evangeliche e biblioteche, con i titoli più acclamati in librerie e caffè letterari, e con quelli underground in diroccati pub post-sovietici e cripte della vivacissima scena Goth.
Una bibliodiversità non solo indole culturale ma volontà organizzativa per un’editoria, quella tedesca, che intellettuale lo è davvero e che non gioca allo snobbismo letterario come spesso altre, e che si rivela così non solo illuminata nello spirito ma vincente nei numeri. Accade così che accanto al Blaue Sofa, il salotto blu alto-letterario del primo padiglione della fiera, ci sia lo Schwarzes Sofa, il salotto nero per la letteratura weird-horror; e accanto agli addetti ai lavori in giacca e cravatta sfilano migliaia di cosplayers in costume che fanno del padiglione dedicato al fumetto e alle graphic novels un calderone di colori e il vero moltiplicatore di vendite e potenziali tie-ins, un’innovazione di pubblico che ha fatto registrare nei primi due giorni rispetto alla scorsa edizione un aumento di più di duemila biglietti staccati all’entrata.
Una Leipzig che tiene però – al contrario di altre – le porte ben chiuse all’editoria a pagamento, e che apre positivamente alle piattaforme di autopubblicazione.
Se da un lato quindi Lipsia vanta un’apertura intellettuale ai gusti – quali che siano – ergo al mercato, non ripudia certo proprio quel suo passato nella DDR che la vide il centro del mercato del libro dell’est Europa negli anni dell’URSS. Tra i paesi ospitati quest’anno l’attenzione si è rivolta alla Polonia, all’Ucraina e alla Bielorussia, ospiti d’onore a cui sono stati dedicati ampi eventi di approfondimento riguardo alle proprie novità editoriali. Seguendo il gusto di quest’attenzione verso l’est, uno dei nomi più attesi di questa Leipzig 2012 è stato l’ungherese Péter Nadas, presentato per la traduzione del suo Parallelgeschichten (“Storie Parallele”), romanzo storico e non solo che è costato all’autore ben diciotto anni di lavoro; un libro pubblicato in Ungheria nel 2005 e pressoché ignorato altrove sino al 2011 in cui ha ottenuto un inaspettato boom di traduzioni e la consacrazione al grande pubblico internazionale.
In conclusione, i lettori non potrebbero che amarla, la Leipziger Buchmesse; e nell’ennesima impeccabile dimostrazione di capacità dell’editoria tedesca ciò che esce vincente sembra prima di tutto la cultura del libro tutta, l’educazione al libro, che i tedeschi sfoggiano con naturalezza e che vede nella fiera di Lipsia la sua festosa esaltazione. Che Francoforte e Londra si tengano dunque i loro tecnocrati, Leipzig ci piace diversa, così com’è.
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