LettaLetta, Monti, Fassina, Brunetta, Giorgio, Beppe & Co.: Classe 2 "I", quella degli asini

Creato il 18 ottobre 2013 da Massimoconsorti @massimoconsorti
In tutte le scuole di ogni ordine e grado del mondo c'è la classe, o meglio, la sezione degli asini. Quando andavamo a scuola noi, era la “C”. Rappresentava il meltingpot di ogni sottogenere (a detta dei professori e del preside) umano. Era piena di rompipalle, asini certificati e quelli di risulta, ripetenti, oppositori, orfani del '68 sprovvisti, oltretutto, di pedigree sociale: niente figli di medici, avvocati, notai, farmacisti, impiegati statali e preti. La nostra era la “B”, un gradino sotto la “A” ma solo per lo stretto ordine alfabetico, perché in termini di merito eravamo nettamente superiori. In questa nazione straziata dall'insipienza, la sezione degli asini è la “I” come Italia, da sempre sovraffollata peggio delle carceri, da sempre coacervo di figuri che invece di studiare pretendono di insegnare, arroganti manco poco come tutti gli ignoranti. La sezione “I” è quella che si riconosce immediatamente perché all'entrata ci sono i vigili urbani a regolare il traffico; gli studenti, che non conoscono né la destra né la sinistra, si rendono infatti protagonisti di frontali leggendari. Ma conosciamone qualcuno partendo dalle storie di questi giorni. Come si sa, la legge di stabilità sta procurando una serie di mal di pancia che non è possibile curare con una endovena di camomilla. Il primo risultato è stato quello delle dimissioni di Mario Monti dalla sua intuizione politica, Scelta Civica. Scippare le creature degli altri va di gran moda, a tutti i livelli e a ogni latitudine. Io invento, curo, faccio crescere (sputandoci lacrime, sangue e lavoro) una creatura o un progetto e arriva un tizio La Qualunque che, investito chissà da quale potere sovrannaturale, fa del tutto per scipparmi il frutto di anni di lavoro fino ad appropriarsene sfacciatamente. Ne sa qualcosa Bill Gates ma non siamo a questi livelli. Dopo giorni di incontri neppure troppo segreti con il suo ex padrone, Mastro Silvio, Mario Mauroministro della difesa ed esponente di spicco di Scelta Civica, fa sottoscrivere a 11 parlamentari del partito un documento di pieno e totale appoggio al governo, dopo che il presidente e fondatore, sulla legge di stabilità, ne aveva dette di cotte e di crude. Il risultato è stato che Mario Monti, purtroppo, si iscriverà al gruppo misto. Essendo senatore a vita non avremo il piacere di vederlo uscire dalla porta principale di Palazzo MadamaStefano Fassina, che non abbiamo ancora capito dove abbia preso la laurea in Economia, magari per corrispondenza alla Radio Elettra, sta per lasciare il governo. Sembra che durante la discussione su come impostare la legge di stabilità, in Via XX Settembre non se lo filassero proprio. E infatti, mentre Saccomanni discuteva con i tecnici, lui era nello stanzino a fare le fotocopie. “Io non mi dimetto per la legge di stabilità ma per la mancanza di collegialità nel governo”, ha detto Fassina con le lacrime agli occhi assaporando un lecca-lecca alla fragola. I falchi del Pdl sono tornati al lavoro e hanno stroncato la ex finanziaria accusandola di tassazioni nascoste. Insomma, gli alleati di LettaLetta stanno facendo a pezzi il governo e lui che fa? All'uscita dallo Studio Ovale dichiara: “Che me ne frega a me della fiducia di Bondi, oggi ho incassato quella di Obama”, che notoriamente siede sugli scranni di Montecitorio e vota nel parlamento italiano a nome del popolo americano. Ma i più grandi di tutti sono come sempre Renato Brunetta e Beppe Grillo. Il primo è riuscito ancora una volta a rendere un servizio della madonna al suo capo. Nel momento in cui si presentano le nuove stagioni televisive (e si fanno i contratti pubblicitari), Renatino ha messo sotto accusa Fabio Fazio e tolto dal caricatore di Mamma Raidue cartucce dum-dum, Maurizio Crozza e Roberto Benigni, che avrebbero spostato di parecchio il bilancio a favore della tivvù di Stato. Mediaset, in crisi nera di creatività, avrà così l'opportunità di farsi ancora valere sul mercato della pubblicità non per merito proprio ma degli scherani del Cavaliere, un immenso conflitto di interessi che continua e continuerà sempre. Curzio Maltese su Repubblica, ci ricorda gli ingaggi di Beppe Grillo quando era il comico di punta della Rai. All'epoca, una comparsata a Sanremo gli fruttava la bellezza di 380 milioni di lire a serata, che paragonati allo stipendio di un operaio, gridavano vendetta al cospetto della santa trinità. Beppe dimentica facilmente, come tutti gli italiani vittime della sindrome di Berlusconi, e si getta lancia in resta nella pugna per dire che il milione e ottocento milioni di euro all'anno a Fazio sono un insulto. A parte che secondo noi Fabio Fazio starebbe bene solo nella guardiola degli studi Rai di Corso Sempione ma, fatti quattro conti, sembra che la sua trasmissione si autofinanzi davvero con la pubblicità, cosa che non avveniva ai tempi di Beppe, quando a pagare erano solo i contribuenti. Ma che bella scuola, ma che sezione di asini, ma che compagnia di guitti!
PS L'Innominabile lo trattiamo un po' di sguincio, non vorremmo incorrere in qualche reato. La Corte d'Appello di Palermo ha stabilito che lui e Mancino devono testimoniare al processo sul “trattatuni”. “Fateci vedere le carte”, hanno detto dal Palazzo più alto della politica italiana del quale non si può fare il nome.

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