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Lettera aperta agli on. Murgia e Pili. A proposito di Minoja...

Creato il 19 aprile 2011 da Zfrantziscu
Onorevoli Bruno Murgia e Mauro Pili
In uno Stato percorso ancora da pratiche centraliste che attribuiscono a prefetture e a soprintendenze poteri autocratici, il principio della “leale collaborazione” tra le istituzioni rappresenta un elemento di equilibrio fondamentale. Tanto più lo è in una Terra come la Sardegna la cui già debolissima autonomia speciale sarebbe messa a rischio, senza il puntuale esercizio di quel principio costituzionale. Al di là del merito, ho dunque apprezzato le severe critiche da voi mosse al soprintendente archeologico, dottor Marco Minoja, responsabile dello sgarbo istituzionale nei confronti del Comune di Cagliari.In questo blog, ci siamo occupati altre volte della chiusa autoreferenzialità delle soprintendenze archeologiche sarde e della loro impermeabilità agli stimoli e alle legittime curiosità di studiosi e gruppi di cittadini che sentono come proprio l'immenso patrimonio culturale della Sardegna, affidato sì alla gestione delle soprintendenze, ma non proprietà di esse, come invece vogliono far apparire.Circa un anno fa, una petizione fu sottoscritta da oltre 1400 cittadini che rivendicavano il diritto di sapere che fine avessero fatto quattro particolari reperti archeologici ritenuti di particolare interesse. Fu ignorata dalle soprintendenze (che pure ne furono informate anche direttamente per mail) fino a quando due vostri colleghi, i senatori Sbarbati e Massidda, investirono della questione il Ministero dei beni culturali con due distinte loro interrogazioni. Il 20 gennaio di quest'anno, sei mesi dopo, il sottosegretario Giro fornì una risposta reticente e, comunque, del tutto insoddisfacente. Ma non a questo vorrei interessarvi, quanto alla relazione con cui il dottor Minoja fornì al ministro gli elementi necessari alla risposta ad una delle questioni poste da Massidda e da Sbarbati. È quella riguardante un frammento di vaso che l'eminente assiriologo Giovanni Pettinato ritenne recante segni di una scrittura cuneiforme, ugaritica cioè.Il dr Minoja scrisse al Ministero che del frammento non esisteva più traccia se non fotografica. L'immagine avrebbe potuto, comunque, esser mostrata al prof. Pettinato per una conferma o per un ripensamento circa la sua idea espressa nel 1995. Questo non fu fatto perché, scrisse il soprintendente, “nei pochissimi giorni a disposizione non è stato possibile attivare un contatto diretto col prof. Giovanni Pettinato”. Pochissimi? La petizione fu spedita ai due soprintendenti il 16 giugno 2010 ed ignorata, pazienza: non fu quella la prima né l'ultima volta che voci esterne si sono infrante sulle mura della Torre d'avorio. Restiamo dunque nell'ambito delle comunicazioni istituzionali. La Direzione per i beni culturali di Cagliari chiese una relazione al dr Minoja l'8 luglio 2010, il soprintendente afferma di aver ricevuto i testi delle interrogazioni il 13 luglio e risponde alla Direzione il 22 luglio. Nove giorni sono “pochissimi” per rintracciare il prof. Pettinato? In tempi di comunicazioni istantanee? Nel rispetto della leale collaborazione fra Soprintendenza, Governo e Parlamento, è tollerabile una scusa tanto infantile? Il problema sta, temo, nella conclusione impropria con cui il soprintendente Minoja critica oggettivamente l'iniziativa dei due parlamentari.È opportuno” scrive il dr Minoja al ministro “ricondurre le due interrogazioni parlamentari e la petizione popolare che le ha ispirate alle iniziative che alcuni gruppi di sedicenti studiosi sardi conducono in contrapposizione con la cosiddetta "archeologia ufficiale", cioè con l'intero corpo degli archeologi sardi, inquadrati o meno nelle Soprintendenze e nelle Università dell'Isola. A questa Soprintendenza risulta che nessuno dei promotori abbia titoli riconosciuti di archeologo o di epigrafista (laurea in Lettere quadriennale del vecchio ordinamento o quinquennale del nuovo ordinamento, più perfezionamento o specializzazione o dottorato nella specifica materia), e pertanto nessuno di essi gode del benché minimo credito negli ambienti scientifici che elaborano, selezionano e verificano le ipotesi riguardanti lo sviluppo delle antiche civiltà mediterranee. Questi improbabili personaggi, muovendosi nel solco di una lunga tradizione di recriminazione e rivendicazione che risale almeno al XIX secolo con la scandalosa falsificazione dette cosiddette "Carte d'Arborea" e che nei fatti costituisce tuttavia un impedimento al reale sviluppo culturale dell'Isola, pretendono di accreditare un ruolo dominante della Sardegna antica, e in tal modo anche di accrescere il prestigio e difendere le aspirazioni della Sardegna moderna e contemporanea, facendo ricorso alle più fantasiose e antistoriche invenzioni”.Come dire: signori senatori, state al vostro posto e non lasciatevi irretire da una banda di cialtroni: di archeologia è bene che si occupino i laureati in archeologia, così come sarebbe opportuno che solo le galline siano abilitate a valutare il sapore delle uova.Trovo questo implicito rimprovero ai vostri colleghi Sbarbati e Massidda denso di incredibile prosopopea, non molto diverso, del resto, dal tono sprezzante usato dal dr Minoja nel rispondere alle vostre critiche. Ma in tema di “leale collaborazione” c'è di peggio nella relazione: “In questa azione, alcuni personaggi giungono ad impossessarsi di reperti autentici di varia età, erroneamente interpretati come testimonianze di scrittura nuragica, o addirittura a fabbricare deliberatamente false "iscrizioni nuragiche" su tavolette di pietra o d'argilla, blocchi di pietra o addirittura sui macigni di monumenti nuragici che avrebbero bisogno solo di ammirazione e rispetto”.Il dottor Minoja, pare di capire, ha le prove che “alcuni personaggi” hanno commesso dei crimini gravissimi a danno del patrimonio archeologico che egli è chiamato a tutelare. Né io né altri comuni cittadini abbiamo possibilità di sapere dal ministro dei Beni culturali se il dottor Minoja abbia mai esibito queste prove davanti al responsabile del Dicastero da cui dipende, chiedendogli di trascinare i rei davanti ai magistrati. Ed ecco il perché, onorevole Murgia e onorevole Pili, di questa mia lettera aperta. Nella vostra attività di sindacato dovreste, a mio modestissimo parere, appurare se il soprintendente Minoja abbia esercitato il suo dovere imprescindibile di denunciare i reati di cui egli ha contezza. Se non lo ha fatto, e limita la sua irritazione alle grida, agli sberleffi, alle invettive, alla mancanza di rispetto istituzionale nei confronti di parlamentari e di riguardo nei confronti dei contribuenti, se ne vada. O sia rimosso. 

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