Ventitre anni fa mi vidi recapitare a casa una lettera firmata dal ministro della Salute dell’allora Governo De Mita… era una lettera in cui si parlava di AIDS e lo si faceva per la prima volta con una certa rilevanza. A leggerla adesso ci si accorge, ahimè, di quanto tempo sia stato perduto per prevenire nuovi casi di HIV… Carlo Donat Cattin, democristiano, redige un documento in cui, sostanzialmente, si consiglia la castità e un comportamento eterosessuale familista. Tre sono le categorie citate da Donat Cattin, a sua detta le più colpite dal virus, ma solo una viene considerata, ossia quella degli omosessuali. Ai tossicodipendenti non si dice di non scambiarsi le siringhe. No. Si preferisce sostenere che “la prima regola alla quale è consigliabile attenersi è quella di un’esistenza normale nei rapporti affettivi e sessuali”, come dire che l’omosessualità è di per sé una garanzia per contrarre l’HIV… Come è avvenuto negli Stati Uniti di Ronald Reagan (presidente dal 1981 al 1989), la categoria degli omosessuali è stata all’inizio indicata come la principale e diretta responsabile del propagarsi del morbo, non solo, si sono negati anche fondi importanti per la ricerca e sguinzagliati nuovi Savonarola a predicare l’odio omofobo. Tempo perduto e mai più recuperabile in nome di una visione morale terroristica di stampo confessionale. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: gli eterosessuali, illusi da questa mistificazione di essere fuori pericolo, sono diventati la prima categoria a venir colpita dall’AIDS.
Ventitre anni dopo, leggiamo questo documento e riflettiamo sugli errori tragici commessi da chi ci ha preceduto…
“1° dicembre 1988
Gentile signora o egregio signore,
mi rivolgo a Lei per segnalare l’importanza della pubblicazione che Le invio. Andrò per punti.
1. Le indicazioni contenute in quelle pagine sono date dalla Commissione nazionale per la lotta contro l’AIDS istituita presso il ministero della Sanità. La Commissione è formata da esperti nelle discipline interessate all’Aids.
2. L’AIDS è una malattia individuata da una decina di anni. Travolge le capacità di difesa dell’organismo e, per l’assalto di malattie dette opportunistiche proprio perché profittano della mancanza di difesa, conduce alla morte. L’Aids non è la peste come descrive il Manzoni de «I Promessi Sposi»: non infetta per flussi dell’aria, per il contatto con panni, mobili o persone. No. Il virus dell’AIDS si trasmette soltanto mediante il sangue e secrezioni sessuali da persona già infetta a persona non infettata. Esistono categorie, comportamenti a rischio: emofiliaci, omosessuali, tossicodipendenti, eccetera. Ma da quando l’AIDS si diffonde, anche famiglie o comunità che si sentono lontane dal pericolo non devono trascurare alcune precauzioni.
3. Il ministro della Sanità è tenuto a dare indicazioni utili e il più possibile complete per far conoscere e combattere la malattia a chi si attiene alla morale di radice religiosa e anche laica e a chi ne vuol essere estraneo. Con i primi il problema è più semplice. Con i secondi è più complesso: campagne di ogni tipo vorrebbero persuadere della perfetta possibilità di prevenire la malattia e, insieme, di praticare stili di vita rischiosi. Le cose non stanno così. Chi afferma, ad esempio, l’assoluta sicurezza offerta dal preservativo, è smentito da quasi tutti gli esperti. L’informativa americana avvisa: «Il preservativo è ben lontano dall’essere sicuro». Noi abbiamo scritto: «Non è del tutto sicuro». Il profilattico è oggi l’unica barriera per rapporti sessuali pericolosi, ma una barriera con dei limiti: ecco il motivo dell’assurdità della tesi secondo la quale esso consente senza rischio qualsiasi stile di vita.
4. Per una persona sana, la prima regola alla quale è consigliabile attenersi è quella di un’esistenza normale nei rapporti affettivi e sessuali. Per comportarsi con equilibrio esistono almeno ragioni igieniche, se si dà poco peso a quelle morali. La regola, secondo molti medici, vale anche per i sieropositivi. Si può fare dell’ironia sulla castità. Essa però è indicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come prima scelta di comportamento dei sieropositivi, delle persone non malate di AIDS, ma portatrici del virus, che, se hanno senso della responsabilità, devono fare in modo di non trasmettere l’infezione.
La Costituzione della Repubblica Italiana riconosce e tutela la famiglia (art. 29). La famiglia è normalmente la sede più idonea per un equilibrio interpersonale efficace nella lotta contro l’AIDS.
5. Oggi non esiste un vaccino per prevenire l’AIDS. Non esiste un farmaco che lo curi a fondo. Si adoperano farmaci che ne ritardano il corso. Noi lavoriamo con la ricerca mondiale. Intanto invitiamo con insistenza giustificata ad adottare le norme di prevenzione che qui sono indicate. Non è molto quello che si deve fare. Ma va fatto.
6. Riprovevole è chi, conoscendo circostanze che lo riguardano con rischio di infezione, non si sottopone a controllo. Il controllo è semplice: il test si fa in laboratori, che le USL indicano. È bene ripeterlo a una certa distanza di tempo. Più riprovevole è chi, sapendo di portare l’infezione, non ne avvisa il coniuge, il partner, qualsiasi possa essere. Deve sapere, intanto, che viola il Codice penale.
Il peggio è la mancanza di solidarietà
Gentile signora o egregio signore,
l’AIDS, lo ripeto, non è la peste. Con l’ammalato si può convivere, rispettando alcune regole, senza rischi. Né si deve isolare il sieropositivo, che non è neppure un ammalato. Con lui si può socializzare: senza paura. Pranzare, usare le stesse stoviglie, nuotare nella stessa piscina, lavorare insieme. Il siero positivo deve poter tenere il suo lavoro. I limiti riguardano soltanto il rispetto di alcune regole.
Come cittadini responsabili e con la dignità di persone consapevoli leggiamo le norme per fronteggiare l’AIDS con la convinzione che, oltre il rispetto di poche regole, occorre soprattutto forte solidarietà.
Con un augurio e un saluto cordiali
Carlo Donat Cattin
ministro della Sanità”