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Lettere a Primo Levi: Il tuo maestro

Da Leragazze

Caro Primo,

è già stato abbastanza sorprendente scoprire la tua passione viscerale per le opere di Aldous Huxley, ma mi cogli completamente di sorpresa quando riveli chi sia "lo tuo maestro e lo tuo autore", per parafrasare il beneamato Dante. Dante stesso? Leopardi? Kafka? Borges? Macché...

Alcuni libri [...] ci accompagnano per anni, per la vita, ed il perché ne è chiaro, accessibile, facile ad esprimersi in parole: fra questi, con reverenza e amore, oso citare Gargantua e Pantagruel, opera colossale ma unica di Rabelais, "mon maître".

Come, Rabelais?! Quello che, per tua stessa ammissione, "con assoluta mancanza di piano" accumula "le invenzioni più strabilianti in piena libertà fantastica", inscenando una "robusta buffonata epico-popolare"... Scusa, ma che c'entra con la tua esperienza di vita e il tuo modo di scrivere?

Eppure mi basta aprirlo per sentirvi il libro d'oggi, voglio dire il libro di tutti i tempi, eterno, che parla un linguaggio che sarà sempre compreso.

"Il libro eterno". Mica facile essere irriverenti con tanta grazia. Però il quadro si completa quando insinui che il tuo personaggio preferito del romanzo non è né Gargantua né Pantagruel.

L'unico personaggio del libro che abbia dimensioni umane, e non sconfini mai nel simbolo e nell'allegoria, Panurgo, è uno straordinario eroe a rovescio, un condensato di umanità inquieta e curiosa, in cui, assai più che in Pantagruele, Rabelais sembra adombrare se stesso, la propria complessità di uomo moderno, le proprie contraddizioni non risolte, ma gaiamente accettate. Panurgo [...] entra in scena chiedendo pane in tutte le lingue viventi ed estinte, siamo noi, è l'Uomo.

"Chiedendo pane in tutte le lingue", come gli internati del Lager. Se questo è un uomo, allora quest'uomo è Panurgo. E si avverte, sullo sfondo, la tua risposta a denti stretti alla domanda del re David: "Quando vedo i cieli, opera delle Tue dita, la luna e le stelle che Tu hai fissato, che cosa è mai l'Uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell'uomo perché te ne curi?".

Non si concilia affatto: anche questo è proprio della condizione umana, di essere sospesi fra il fango e il cielo, fra il nulla e l'infinito.

"Parole non ci appulcro".

Tuo d


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