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Lettere al serial killer: una pessima iniziativa

Da Paolo Franchini

Algido Greg,

ora che sono in una fetentissima cella, dominata dall’umidità che crea un muschio da presepe sui muri, trovo finalmente la voglia e il tempo di parlarti del mio ultimo grande errore.

Non era giornata, quel 2 novembre di vento porco. Entrato nell’obitorio per il riconoscimento di mio cugino Tom Maharar, mi trovai di fronte la solita schiera di visi sfatti e mollicci, paralizzati nella loro smorfia di cinica indifferenza.

Il responsabile della cella frigorifera si presentò con la sua mascella quadrata, allungandomi la mano per un saluto gelido.

Pimco Herb, questo era il suo nome del cavolo, si incollava al fianco un omino alto come due pipe Sioux, un certo Popi Duntz, che la morgue l’abbia in pancia.

L’attimo del riconoscimento fu discretamente commovente.

Incrociai mio cugino Tom dalle parti dello sfregio che gli percorreva la fronte a tutto tondo, da un orecchio all’altro, con bella simmetria. Un regalo di gioventù, quando il malefico Alvin Derby ci sorprese sul suo albero migliore di albicocche della California. Mai rubare albicocche quando il padrone del campo impugna un falciotto da concorso.

Fu il bigliettino, legato all’alluce di Tom, a scatenare la mia imprevedibile veemente reazione. Quando estrassi la mia Luger calibro 22, Pimco Herb e Popi Duntz, presumibilmente campioni di scatto doppio, si infilarono sotto il lettino del morto.

E a quel punto, giusto per non fare la figura del gonzo, sparai quattro volte sul cadavere di Tom.

Non fu una grande idea, devo ammetterlo.

Ti chiedo, vecchio saggio Greg, quanto sia giusto che mi abbiano affibbiato otto anni di carcere per avere ucciso una persona già uccisa, un paio di giorni prima.

Bobby Clutter

 

Sbandato Bobby,

il senso della giustizia è spesso come un uovo dimenticato ,per un sei mesi, nell’ultima sponda del frigorifero. Quando decidi di friggerlo, prima ti uccide con il suo mefitico tanfo e poi ti ammazza ancora, perché ti lascia con la fame in corpo.

Se sui muri della cella ti spunta muschio da presepe, vedi di allestirne uno con statuine modellate con la mollica del pane.

Fissale in verticale con il miele delle api del Bronx.

E sotto Natale, quando il reverendo di turno verrà a benedire la tua cella, spiegagli che gli artisti si esprimono meglio nel carcere duro.

Sono certo che il prete ti sorriderà molle.

Tuo, Greg

 

Questa rubrica è ideata e curata da Carlo Cavalli. Nel caso, prendetevela con lui.


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