Da qualche mese in Puglia si parla di Legge regionale per la lettura: SEL ha proposto una bozza e il PD ha organizzato gli Stati generali della lettura e del libro, invitando tutti i cosiddetti ‘operatori culturali’ pugliesi a manifestare le carenze del sistema. Inutile dire che Biblioteche, Case Editrici, Associazioni culturali e Università hanno diverse esigenze e che il presupposto fondamentale nella stesura della proposta di legge è di non trasformare tutte le buone intenzioni in moneta da distribuire a chi la chieda e abbia più potere per farlo.
Le intenzioni del PD convergono nella promozione della lettura e nell’incentivazione dei lettori. Allora mi chiedo: se la cosa non tange chi è già lettore e preferisce investire una cospicua parte del (magro) stipendio non già in rate del mutuo per l’acquisto di case (i mercati lo sconsigliano, i tassi salgono, le regole cambiano in corso d’opera, sicché quella da bohémien non è più una posa ma una necessità), come dovrebbe essere possibile intercettare e convertire il gran numero di non-lettori? Come convincere una persona della necessità della lettura? Ed ecco che si pone un altro problema: la lettura non è affatto necessaria, tutti conosciamo persone che vivono benissimo senza aprire libri. Sospetto anche che un gran numero degli stessi ‘operatori culturali’ non legga, assolvendosi con il pensiero che è troppo occupato per farlo e che gli altri, oh, gli altridovrebbero leggere e che loro, gli ‘operatori culturali’, svolgono un compito importante, fondamentale, nel tentare di convertire i barbari al culto della Lettura. Altro problema: la dea Lettura. Leggere non è un obiettivo indistinto cui tendere ciecamente. Se è la Lettura che si intende promuovere, anche le scritte sulle bottigliette dello shampoo andrebbero bene. La verità è che la maggior parte della roba stampata o genericamente pubblicata non merita un attimo del nostro tempo e della nostra attenzione: nel migliore dei casi è ininfluente. Quella che andrebbe promossa allora è la capacità di critica, di discernimento dell’utile e piacevole dall’inutile/dannoso. Ma, e ritorniamo al punto di partenza, credo che solo la lettura possa aiutarci a sviluppare un senso critico.
Penso spesso alle pubblicità: «Forse uno dei migliori tortellini»; «Funziona»; «Test clinici dimostrano...» sono espressioni che mi fanno sorridere, perché sono incontrovertibilmente formule che non vogliono dire nulla, e che, anzi, aggirano le norme sulle menzogne pubblicitarie. Ma se io fossi nata e cresciuta con la sola televisione sarei talmente assuefatta all’inconsistenza verbale da non accorgermene neanche. Invece la lettura mi fornisce un’alternativa, e una chiave diversa.
Come far rientrare la necessità della capacità critica in una legge regionale sulla lettura? Magari vietando agli insegnanti di dare come lettura per l’estate alla scuola media la Divina Commedia (i.e.: «Non leggere mai più, ragazzo»), o multando severamente le persone (adulte!) che in libreria chiedono «Libri tratti da film, tipo Harry Potter e Twilight», o magari vietando per legge di scrivere un libro se non si legge e si dichiara candidamente di «trarre spunto dalle serie tv». Un editto che punisca con severità gli scrittori che sono troppo impegnati per rileggere il proprio testo dopo l’editing, e che ne blocchi la pubblicazione, potrebbe già eliminare un po’ di libri, per esempio. E che dire di esami universitari che fughino ogni dubbio circa il fatto che gli studenti (di Lettere) non leggano i libri in programma ma solo i riassunti su Internet? Multerei gli scrittori che chiedono di presentare il proprio libro in libreria concludendo la mail con «Meglio incontrarci di persona, perché non sono bravo a scrivere».
Insomma, di voci per una legge regionale sulla lettura ce ne sarebbero, ma non vedo proprio come una persona perfettamente a posto con la propria coscienza di non lettore possa essere portata a leggere. È poi così necessario? Si vive bene senza libri, in fondo. Si possono usare gli scaffali per le bomboniere, non si devono comprare periodicamente nuove librerie, si evita la compulsione all’acquisto di libri nuovi, non ci si arrovella sui pensieri altrui, non si entra in altre teste e si rimane beatamente soli con i propri, di problemi, che già sono tanti. No?
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