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Leviathan

Creato il 14 luglio 2015 da Jeanjacques
Leviathan
Tempo fa, sul blog dell'amico Caden - o su Facebook, non ricordo - era nato un curioso dibattito su cosa volesse dire veramente essere cinefilo; che i veri cinefili sono quelli che sul cinema fanno studi che levati, mentre noi siamo dei semplici appassionati. Un dibattito molto esistenzialista e che si basa su una profonda analisi del linguaggio stesso, cose che solo da un persona come lui potrebbero nascere. Io invece, che sono molto più semplice, non faccio distinzione fra il cinefilo e il semplice appassionato, ma riconosco che anche la seconda categoria si pone in una posizione abbastanza compromettente. Perché io, proprio perché sono appassionato di cinema, cerco di avere (con scarsi risultati) lo sguardo più lungimirante possibile, di guardare il film autoriale che solo in pochi si pipperanno ma di stare attento anche sul lato mainstream, quello più divertente e che ogni tanto, diciamolo, è necessario per mantenere una certa sanità mentale. Ma in quanto appassionato mi sento quasi in dovere di effettuare i recuperi dei film di cui sopra, proprio perché se amo realmente un mezzo espressivo come questo, devo cercare opere che spingano la mia mente ai suoi limiti - che sono, peraltro, assai bassini. E' così che ogni tanto partono dei recuperi a random, perché anche se appassionato, sono un appassionato molto pigro che si perde cose molto importanti per strada. Pochi giorni fa è toccato a questo film russo che l'anno scorso aveva fatto molto parlare di sé.

Kolya è un uomo semplice, ma gli intrighi di un malevolo sindaco rischiano di fargli perdere il terreno su cui è costruita la sua proprietà. Inizierà così una dura battaglia per far valere i suoi diritti, ma lungo questo tragitto si scoprirà sempre più solo...

Secondo la Bibbia, il Leviatano è un gigantesco mostro marino, citato perlopiù nel Libro di Giobbe, e rappresenta il caos primordiale; in filosofia, invece, è il titolo del trattato che il filosofo Thomas Hobbes scrisse nel 1651 (lo Stato è il Leviatano e la popolazione sono i suoi arti). Pensate che io il Leviatano lo conoscevo perlopiù per via del cartone Atlantis della Disney. Ma non serve per forza conoscere - o almeno, conoscere in maniera particolarmente approfondita - queste teorie per vedere questo film, perché alla fine è una pellicola che racconta di una storia semplice e lo fa anche in una maniera piuttosto semplice. Ma di un semplicismo vagamente infido, perché ci sono un sacco di cose da leggere fra le righe e che a una prima occhiata distratta potrebbero sfuggire. Perché non si parla solo di Kolya, un uomo semplice, imperfetto e che commette anche qualche errore di calcolo e valutazione, ma anche del mondo che lo circonda, espandendo un discorso che può essere colto da chi ne ha voglio o da chi ha uno sguardo più attento. Ce lo dicono le prime stupende immagini e anche quelle che seguono, che mostrano un'ambientazione decadente, solcata dai relitti di qualche nave e dagli scheletri delle balene (anche qui, è facile relegare a quelli la metafora di Leviatano, ma la cosa va decisamente oltre) arenatesi durante la bassa marea, immettendo nel discorso non solo la vita del suo protagonista e dei personaggi di contorno, ma anche di un paese intero. Nella Bibbia Giobbe, il personaggio che dà nome al libro in cui compare il Leviatano, rappresenta la sofferenza del giusto, poiché per colpa di Satana soffre i più atroci tormenti, ma sopporta tutto senza bestemmiare il proprio Dio, il quale, al termine di tutti i suoi patimenti, lo ricompenserà col doppio dei suoi averi posseduti in vita. Kolya si ritrova a essere quindi un moderno santone, ma il regista Andrey Zvyagintsev pone una filosofia che scema nel pessimismo più nero: i giusti (ma possono davvero, in quanto umani, essere definiti giusti i protagonisti di questo film, Kolya compreso?) soffrono, ma alla fine per loro non ci sarà beatitudine. La sofferenza è casata da molteplici cose, ma quelle che si vogliono immolare in questa pellicola sono quelle più basilari e che più si riconducono nel trattato di Hobbes, lo Stato. Uno stato che mostra i relitti del proprio tempo trascorso per le strade, uno stato nel quale un sindaco malvagio e opportunista tiene la foto di Putin nel proprio studio e uno stato guidato da una Chiesa che usa la religione, forse la cosa più pura e significativa di un popolo (e dico la cosa da non credente, sottolineo), per favorire i comodi dei potenti. I mostri, molto banalmente, sono l'antesignano del bello, e Umberto Eco diceva che il potere del brutto, dell'orrore, è proprio quello di essere vario, mentre il bello è stretto nelle spire della sua stessa canonizzazione. A Kolya quindi ne capitano di tutti i colori, la giustizia viene negata in mille forme e, dove non ci si mette quello che è il suo nemico più esplicito, interverranno pure le persone che dovrebbero stargli vicine - altra citazione a Giobbe, che durante il proprio calvario non ascoltò i rimproveri dei suoi tre amici. Lo stato, o qualunque forma di potere, quindi, non è che il Leviatano, e noi siamo le balene arenate sulla riva. Esseri che si muovono nella corrente del mare dell'esistenza e che dalla stessa possono essere ingannati. Forse al mondo non c'è vera giustizia, ma rimane la coscienza, la presa d'atto di una situazione che è impossibile da ignorare. Ma alla fine noi siamo solo uomini e quelli contro cui dobbiamo lottare sono mostri... o umani nostri simili vestiti da mostri, e la cosa finisce per fare ancora più paura.

Un film forse troppo lento, tanto per far fede allo stereotipo della narrativa russa, e fin troppo compiaciuto del suo pessimismo. Ma proprio per questo forse va trattato con particolare prudenza.Voto: ★ ½

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