A Ginevra niente pause
di Andrea Signori
Sei così fortunato da annoverare tra le tue conoscenze uno di quei bizzarri esseri chiamati “fisici”? Sì? Allora, se vuoi continuare a godere della sua compagnia, accertati che non abbia appena chiuso la valigia, pronto a partire per Ginevra. Il CERN ha annunciato che la caccia al bosone di Higgs è giunta a una fase cruciale. Per questo motivo i lavori potrebbero proseguire fino al dicembre 2012, anziché fermarsi per 15 mesi a partire dalla fine del 2011. Lo riporta “Nature” in un articolo, ma per una conferma della notizia si dovrà attendere il congresso organizzato dal CERN a Chamonix, in Francia, dal 24 al 28 gennaio prossimi. Ma forse sarebbe meglio, prima di salutare l’amico fisico in partenza, farsi spiegare un paio di cose.
Agli inizi del XX secolo la scienza attraversò una rivoluzione profonda, radicale. Per molti scienziati il prezzo fu alto. La fisica si legò sempre più all’astrazione matematica, svincolandosi in apparenza dalle consuete tre dimensioni spaziali. Così Max Planck, uno dei padri della meccanica quantistica, decretava il tramonto del “senso comune” come principio guida della scienza: “La crescente distanza dell’immagine del mondo fisico dal mondo dei sensi indica un progressivo avvicinamento al mondo reale”. Da allora, quanto più a fondo la scienza si interroga sul mondo che ci circonda, tanto più le risposte ottenute non sono conciliabili con la nostra esperienza quotidiana.
Ne è un chiaro esempio il fatto che i costituenti fondamentali della materia (quark, leptoni e particelle mediatrici delle forze fondamentali) siano descritti da una teoria di campo quantistica e relativistica: il Modello Standard. Però, nonostante questa teoria illustri accuratamente la dinamica delle particelle elementari, nessuno scienziato (sobrio) potrebbe pensare che il Modello Standard renda conto di ogni possibile fenomeno naturale. Infatti non include la gravità e non esplora le più alte scale di energia conosciute. Ma, soprattutto, il fatto che le particelle abbiano una massa è in contrasto con i fondamenti della teoria.
La tavola di Mendeleev della fisica moderna: il Modello Standard delle particelle elementari, i costituenti fondamentali della materia. (Cortesia: Contemporary Physics Education Project)
Sì, hai capito bene: il Modello Standard, una delle teorie con il più alto numero di conferme sperimentali della storia della fisica, non spiega perché esista la massa. Un problema tutt’altro che secondario. Così nel 1964 il fisico teorico Peter Higgs propose un “meccanismo” di attribuzione della massa compatibile con il Modello Standard, di cui l’”impronta digitale” è il famigerato bosone di Higgs. Per dare una conferma sperimentale alla teoria, da qualche anno è caccia grossa alla particella nei più grandi laboratori mondiali.
Il Large Hadron Collider (LHC) è il più grande e potente “autoscontro per adroni” al mondo. Ed è il fiore all’occhiello del CERN. Lungo il suo perimetro circolare sotterraneo lungo ben 27 chilometri sono posizionati alcuni esperimenti, due dei quali, ATLAS e CMS, sono dedicati in parte alla caccia della particella di Higgs. L’LHC è progettato per far scontrare frontalmente fasci di protoni con energia massima di 7 TeraelettronVolt (TeV) ciascuno. “Spaventoso!”, penserai. Davvero? Prendiamo carta e penna: pochi calcoli ci dicono che 1 TeV è circa l’energia cinetica di una zanzara in volo. Che cosa c’è allora di così sconvolgente in un fascio di protoni da 7 TeV? Il fatto che l’energia sia estremamente concentrata. Densità di energia pari a 7 TeV per protone sono sufficienti per riprodurre lo stato della materia un decimo di miliardesimo di secondo dopo il Big Bang. Alla faccia della zanzara.
Il rivelatore ATLAS, installato lungo il perimetro dell'LHC, in fase di costruzione. (Cortesia: CERN)
L’enorme potenza dell’LHC dovrebbe essere l’asso nella manica per il CERN, la chiave di volta dell’intera caccia al bosone di Higgs. Infatti in collisioni ad altissima energia la misteriosa particella lascia una “firma” ben distinguibile (coppie di bosoni W o Z prodotte in decadimenti proibiti a energie inferiori) dal resto dei segnali prodotti. Ma purtroppo l’LHC non è ancora al top. A causa di un guasto avvenuto nel 2008, l’acceleratore attraversa un periodo di “convalescenza” che riduce le sue capacità del 50 per cento: da 7 a 3,5 TeV. Per questo motivo i fisici del CERN rischiano di farsi soffiare la scoperta dai colleghi del Fermilab di Batavia, nell’Illinois.
Una possibile "firma" del bosone di Higgs: il decadimento in una coppia di bosoni Z, con stati finali costituti da coppie leptone-antileptone. (Cortesia: John Wiley & Sons)
Utilizzando il Tevatron, acceleratore in grado di raggiungere energie massime di 2 Tev, gli scienziati statunitensi studiano eventi in cui il riconoscimento del bosone di Higgs è arduo rispetto a collisioni da 7 TeV, proprio per il minore contenuto energetico. Nessuno avrebbe scommesso sul Tevatron, disponendo di un acceleratore come l’LHC. Almeno fino al guasto. Dopo, infatti, il vantaggio energetico dell’LHC si è drasticamente ridotto (2 TeV contro 3,5 TeV). Inoltre gli stessi scontri che oggi sono prodotti al CERN sono studiati da anni al Fermilab, garantendo agli scienziati statunitensi un notevole vantaggio temporale.
E’ per questo motivo che i fisici del CERN progettano di sospendere lo stop di 15 mesi previsto per innalzare la potenza al livello massimo: non c’è più tempo da perdere. La scoperta del bosone di Higgs non è più una questione di potenza. Al contrario, decisive saranno l’abilità, l’efficacia e la velocità nell’analisi dei dati. Sperando che la fretta non sia cattiva consigliera.