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Libano/ L’Italia e le missioni di pace nella Terra dei Cedri

Creato il 07 marzo 2014 da Antonio Conte

attività di pattuglia lungo la blue line 1L’impegno italiano nelle missioni internazionali in Libano contribuisce, in modo attivo e sostanziale, a mantenere alto il prestigio e l’affidabilità delle nostre Forze Armate. Sotto l’ombrello delle istituzioni internazionali, la partecipazione politica, diplomatica, militare e civile in UNTSO, UNIFIL I e II caratterizza l’intervento italiano in quest’area del Medio Oriente. Il Libano è indebolito dalle contraddizioni interne alimentate da fratture politiche, religiose e sociali e il comunitarismo di stampo confessionale, che genera equilibri politici precari, impedisce la costruzione dell’identità nazionale. Il vento della Primavera araba, che ha soffiato su tutti i paesi del Maghreb, non è riuscito a penetrare nella Terra dei Cedri.

UNTSO

Nel novembre 1947, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adotta il piano di spartizione della Palestina, ma la proposta di creare uno Stato Arabo e uno Stato Ebraico è respinta dai palestinesi e dagli Stati arabi. Il 15 maggio 1948, nello stesso giorno in cui Israele dichiara la propria indipendenza, Egitto, Siria, Libano, Giordania e Iraq attaccano il nuovo Stato[i]. Con la Risoluzione n. 50 del 29 maggio 1948, il Consiglio di Sicurezza impone la cessazione delle ostilità in Palestina, affidando il controllo della tregua al Mediatore delle Nazioni Unite, assistito da un gruppo di osservatori militari[ii]. La United Nations Truce Supervision Organization (UNTSO) è la più vecchia operazione di peacekeeping istituita dalle Nazioni Unite. La missione garantisce, in primo luogo, il rispetto della tregua. Dopo l’Armistizio tra Israele, Libano, Siria, Giordania ed Egitto gli osservatori militari proseguono le attività supervisionando il rispetto degli accordi di pace e il controllo del cessate il fuoco nell’area del Canale di Suez e le alture del Golan, in seguito alla guerra arabo-israeliana del 1967[iii]. Il contingente italiano partecipa alla missione sin dal 1958. Tra i Paesi occidentali e dell’Unione Europea, l’Italia è il primo Stato fornitore di personale militare e di polizia altamente qualificato che prende parte alle operazioni di mantenimento della pace[iv]. La missione, ancora in corso, è articolata su un comando con base a Gerusalemme e quattro differenti Out Stations:

  • OGL (Gruppo Osservatori in Libano) a Naqoura (Libano);
  • OGG-T (Gruppo Osservatori Golan) a Tiberiade (Israele);
  • OGG-D (Gruppo Osservatori Golan) a Damasco (Siria);
  • OGE (Gruppo Osservatori Egitto) a Ismalia (Egitto).

In seguito agli scontri tra Israele e Libano, gli osservatori UNTSO sono ritirati dalle quattro Patrol Bases e, in particolare, il personale italiano è spostato a Naqoura[v]. La presenza italiana alle missioni ONU è il fiore all’occhiello del Governo italiano. 

UNIFIL e Multi-National Forces

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Sebbene il Libano non prenda parte alla Guerra dei Sei giorni, Beirut comincia ad avvertire le conseguenze della sconfitta araba. Rispetto alla Giordania, il Libano ha un ruolo logistico secondario per l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP), ma l’inarrestabile flusso di profughi palestinesi inizia a essere avvertito come un vero e proprio problema politico. Nel 1969, un compromesso limita la libertà di movimento dell’OLP a sud del Libano; benché, dopo il settembre nero, offensiva della Giordania scatenata nel 1970 contro la guerriglia palestinese, insediatasi nel regno dopo la Terza guerra arabo-israeliana, questo compromesso divenga strumento tramite il quale l’OLP concentra in Libano le maggiori forze militari palestinesi[vi]. Il 14 marzo 1978, a seguito di un nuovo attacco palestinese a Israele, l’esercito israeliano invade il Libano e occupa l’area meridionale. Le proteste del Governo libanese sollecitano l’intervento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che approva le Risoluzioni n. 425 e 426, con le quali l’ONU invita Israele allo stop delle azioni militari e al ritiro delle truppe, deliberando la costituzione di una forza d’interposizione nel Libano meridionale[vii]. Si costituisce la missione UNIFIL, con il compito di verificare il ritiro delle truppe israeliane, di ristabilire la pace e la sicurezza internazionale e assistere Beirut nel ripristino della sua autorità. La partecipazione italiana alla missione inizia nel luglio 1979. Le nostre forze armate assistono il Governo libanese nell’esercizio della propria sovranità sul territorio; nel controllo dei valichi al limite con Israele e affiancano le forze armate libanesi nelle operazioni di sicurezza e stabilizzazione dell’area al fine di interrompere le ostilità e stabilire condizioni di pace[viii]. Nel giugno 1982, a sostegno del governo falangista cristiano-maronita, Israele mira a scacciare i guerriglieri palestinesi dal territorio libanese e sferra un durissimo attacco diretto al Libano meridionale, che diventa teatro dell’impegno delle nostre Forze Armate nella missione multinazionale di peacekeeping denominata MultiNational Forces[ix]. Un’operazione condotta in gran parte da soldati di leva provenienti anche dalla Francia, Regno Unito e Stati Uniti, per rafforzare l’autorità del governo libanese e garantire la protezione dei civili nella periferia a sud di Beirut, dove sono allestiti i campi palestinesi[x]. È l’indignazione dell’opinione italiana, dinanzi alle immagini del massacro condotto dai falangisti nei campi profughi di Sabra e Shatila, a spingere l’Italia ad aderire anche a questa operazione. Il partito falangista, la componente più forte del governo libanese, si allea con Israele per combattere i guerriglieri palestinesi e allontanare da Beirut i musulmani sciiti arrivati da sud. Il veto sovietico nel Consiglio di Sicurezza però impedisce di istituire un unico comando sotto l’autorità del Segretario Generale, lasciando piena libertà di azione ai contingenti militari. Il percorso strategico delle Forze armate italiane si articola su tre punti che caratterizzano un’operazione di peacekeeping tutta nazionale:

  1. posizione di neutralità;
  2. protezione della popolazione civile e distribuzione di aiuti umanitari;
  3. riduzione dell’uso della forza e avvio dei negoziati per instaurare un dialogo tra le parti[xi].

A differenza di Francia e Stati Uniti, l’Italia riesce a mantenere una posizione politica equidistante dagli Stati coinvolti nel conflitto, un approccio che richiede grandi sforzi diplomatici per avvicinare, e non respingere, le componenti[xii]. La missione della Forza multinazionale si conclude nella notte del 23 ottobre 1983, quando due autocarri imbottiti di esplosivo uccidono 246 soldati americani e 58 francesi. Nessun militare italiano rimane vittima dell’attentato firmato Hezbollah[xiii]. Prosegue invece l’UNIFIL. Le ostilità fra truppe israeliane e milizie sciite filo-siriane di Hezbollah non si placano. Pur avendo avviato un parziale ritiro, Israele esercita ancora il suo controllo sul Libano meridionale. Le truppe di Tel Aviv si ritirano definitivamente solo nel 2000 e la missione UNIFIL svolge un ruolo decisivo nella fase di transizione per il pattugliamento, assieme alle forze armate libanesi; lo sminamento dell’area liberata, per la definizione della linea di confine (Blue Line) tra Israele e Libano e per l’assistenza ai libanesi, che fanno parte delle milizie filoisraeliane[xiv]. L’Italia opera con successo e, grazie agli sforzi di concertazione degli interventi, la guida dell’UNIFIL in Libano diviene il più avanzato esperimento d’intervento militare italiano all’estero.

UNIFIL II, OPERAZIONE LEONTE

Nell’estate del 2006 si apre una nuova crisi. Hezbollah colpisce Israele che, di tutta risposta, sferra un’offensiva sul Libano e ne impone il blocco aeronavale. Hezbollah rilancia un’intensa attività di guerriglia, mentre le forze militari libanesi non intervengono[xv]. Con la Risoluzione n. 1701 dell’11 agosto 2006 e, due anni dopo, con la Risoluzione n. 1832 del 27 agosto 2008 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU potenzia il contingente militare UNIFIL fino a un massimo di 15.000 uomini, che agiscono come “forze cuscinetto” tra le Forze di Difesa israeliane (IDF) e Lebanese Army Forces (LAF), estendendo l’operazione a tutto il territorio libanese, fino a sud del fiume Litani (Leonte in italiano)[xvi]. Cessate le ostilità, il Governo italiano approva il Decreto Legge del 28 agosto 2006 e autorizza l’invio di una Early Entry Force nazionale, denominata Joint Landing Force Libano (JLF-L), quale contributo nazionale alla missione di peacekeeping per dare attuazione alla Risoluzione n. 1701. Ai precedenti impegni si somma il sostegno al Libano nel dispiegamento delle truppe a sud del paese, l’assistenza umanitaria alla popolazione civile e il monitoraggio della fine degli scontri nell’area compresa tra la Blue Line e il fiume Litani, da cui prende il nome l’Operazione Leonte[xvii]. Su decisione delle Nazioni Unite, dal 28 gennaio 2012, l’Italia assume il comando della missione UNIFIL II. Il comando italiano coincide con uno dei momenti di maggiore tensione in Libano, esposto allo storico confronto tra Hezbollah e Israele e retroguardia della guerra civile in Siria. Migliaia sono i profughi siriani che varcano il confine settentrionale del Libano e dalla Terra dei Cedri passa il traffico di armi e munizioni dirette ai guerriglieri ribelli, che combattono contro il regime di Assad[xviii]. Il contingente italiano ha il merito di aver costruito rapporti di fiducia con la gente locale, fornendo servizi di vario genere, dalla donazione di gruppi elettrogeni a scuole e ospedali all’organizzazione di corsi di lingue. In particolare, molto importante è lo sviluppo di Quick Impact Projects (QIP), un portafoglio, un budget economico delle Nazioni Unite affidato al Comandante che può essere impiegato per finanziare e sostenere una serie di attività sul territorio e migliorare le condizioni di vita della popolazione. Il nostro paese porta avanti con impegno la ricostruzione del Libano e, attingendo alle risorse straordinarie legate al rifinanziamento delle missioni di pace, la Cooperazione civile e militare (COCIM), il coordinamento e la cooperazione tra componente militare e organizzazioni civili, ha potuto rispondere con maggiore efficacia alla grave emergenza umanitaria, allo sviluppo socio-economico e alla capacity building delle aree più svantaggiate del Libano[xix].

Conclusioni

L’Italia è una presenza costante nel paese dei Cedri e la buona riuscita della missione UNTSO, UNIFIL e dell’Operazione Leonte, giunta al quindicesimo mandato, è la prova di quanto i soldati italiani operino con grande dedizione. La qualità dell’impegno contraddistingue un vero e proprio modello italiano di peace-keeping. Un sistema italiano che prende forma sin dall’intervento in Libano del 1982, durante l’operazione ITALCON nell’ambito della MultiNational Forces, e si consolida nelle missioni in Albania, Somalia, Mozambico, Afghanistan e di nuovo in Libano, trovando riscontro positivo tra le popolazioni civili[xx]. L’imparzialità, la conoscenza del contesto storico-politico e l’integrazione nel tessuto sociale, l’umanità dei nostri soldati e l’attenzione ai bisogni della popolazione sono i tratti distintivi delle Forze Armate italiane nelle missioni internazionali di pace, un monito per tutti i contingenti militari stranieri[xxi].

Federica Fanuli


[i] Cfr. E. DI NOLFO, Storia delle Relazioni internazionali. Dal 1918 ai giorni nostri, Editori Laterza, Bari, 2009, p. 942.
[ii] Cfr. http://www.difesa.it/OperazioniMilitari/op_intern_corso/UNTSO/Pagine/Antefatto.aspx.
[iii] Cfr. http://nuovo.camera.it/561?appro=77&Le+missioni+UNIFIL+e+UNTSO+in+Libano#paragrafo575.
[iv] Cfr. Ibid.
[v] Cfr. Contrammiraglio C. Confessore, Le Operazioni per il Mantenimento della Pace, in http://www.osdife.org/osdife%20pdf/Punti%20di%20vista/PDV_Confessore_finale.pdf, p. 58.
[vi] Cfr. E. DI NOLFO, Storia delle Relazioni internazionali, cit., pp. 1268-1271.
[vii] Cfr. http://nuovo.camera.it/561?appro=77&Le+missioni+UNIFIL+e+UNTSO+in+Libano#paragrafo573.
[viii] Cfr. Contrammiraglio C. Confessore, Le Operazioni per il Mantenimento della Pace, in http://www.osdife.org/osdife%20pdf/Punti%20di%20vista/PDV_Confessore_finale.pdf, p. 58.
[ix] Cfr. CeSpi, Il Libano e la crisi siriana: le lezioni di UNIFIL per l’Italia e la Comunità internazionale, n. 76, 2013, p. 3.
[x] Cfr. http://www.globalsecurity.org/military/ops/usmnf.htm.
[xi] Cfr. CeSpi, Il Libano e la crisi siriana: le lezioni di UNIFIL per l’Italia e la Comunità internazionale, cit., pp. 3-4.
[xii] Cfr. Ibid.
[xiii] Cfr. http://www.globalsecurity.org/military/ops/usmnf.htm.
[xiv] Cfr. Stato Maggiore della Difesa, UNIFIL – “Operazione Leonte”, in http://www.cooperazioneallosviluppo.esteri.it/pdgcs/italiano/speciali/libano/Pdf/SchedaUNIFIL.pdf, pp. 2-6.
[xv] Cfr. http://nuovo.camera.it/561?appro=77&Le+missioni+UNIFIL+e+UNTSO+in+Libano#paragrafo574.
[xvi] Cfr. Stato Maggiore della Difesa, UNIFIL – “Operazione Leonte”, in http://www.cooperazioneallosviluppo.esteri.it/pdgcs/italiano/speciali/libano/Pdf/SchedaUNIFIL.pdf, pp. 1-2.
[xvii] Cfr. Contrammiraglio C. Confessore, Le Operazioni per il Mantenimento della Pace, in http://www.osdife.org/osdife%20pdf/Punti%20di%20vista/PDV_Confessore_finale.pdf, p. 19.
[xviii] Cfr. http://temi.repubblica.it/limes/cosi-litalia-guida-la-missione-unifil-in-libano/34233.
[xix] Cfr. http://www.difesa.it/Primo_Piano/Pagine/Libano_nuove_iniziative.aspx; http://temi.repubblica.it/limes/cosi-litalia-guida-la-missione-unifil-in-libano/34233.
[xx] Cfr. http://www.iai.it/pdf/DocIAI/iai1205.pdf.
[xxi] Cfr. CeSpi, Il Libano e la crisi siriana: le lezioni di UNIFIL per l’Italia e la Comunità internazionale, cit., pp. 13-14. 
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