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Libeccio (V)

Da Bartel
Libeccio (V)Arriva al pianterreno senza accorgersene, come camminando in una bolla di vetro. Allo stesso tempo i la sua percezione si è acuita in maniera dolorosa. Sente tutto l’universo in contemporanea. E’ come aver vissuto in apnea per anni e ora l’aria entra violentemente nei polmoni della sua anima e fa male, fa molto male. La luce d’Aprile che spacca le vetrate gli ferisce gli occhi, il brusio della gente l’assorda. Entra nella caffetteria e sente di svenire mentre l’odore di caffè e cornetti, dopobarba e profumi, pelle e capelli lo inonda.  Si appoggia al bancone per non cadere e osserva con maleducazione il labbro leporino dell’apprendista barista che non gradisce.“Mi scusi un caffè corretto al cognac”“Finito”“Cosa?”“Il cognac”“Normale allora”Giorgio Pittaluga si volta e si ritrova ad osservare con interesse due peli neri lunghissimi che crescono sulla sommità dell’orecchio dell’avventore accanto che, sentendosi osservato, si gira con la tazzina ancora a mezz’aria. L’avvocato risponde con una smorfia strana che vuole essere un sorriso. L’urto della tazzina sul piattino lo riporta alla realtà. Il suo caffè è pronto e lui cerca di berlo chiudendo gli occhi.“Avvocato Pittaluga?”La voce rauca lo costringe ad aprire gli occhi. Una specie di poliziotto da fumetto è a mezzo metro da lui e sembra volergli sbarrare ogni via di fuga. I capelli castani sono lunghi ed arruffati come lunga è la barba con qualche pelo grigio. Jeans da telefilm americano sporchi e troppo stretti lottano con una pancia evidente che non gli permette di chiudere il giubbotto di pelle marrone troppo usato e di due taglie più piccolo. Solo gli occhi non sono da fumetto, cosi come non lo è il gonfiore sotto l’ascella sinistra. Avrà trenta, trentacinque anni, porta  la fede ma la sua trascuratezza è da uomo solo. Le spalle, le braccia e il torace indicano chiaramente che non è uomo da mediazione, ma si può avere paura di un uomo con le spalle ricoperte di forfora? Si, se ti guarda da mezzo metro e non ha una voce gentile. “Si?”“Sono il commissario Montroni”“Piacere…posso offrirle un caffè?”“No…abbiamo da fare.”L’avvocato fa spallucce, finisce il suo caffè e allunga qualche moneta sul bancone.“Tieni il resto”L’apprendista barista non mostra riconoscenza.“Andiamo?”“Andiamo…il Dott.Locchi preferisce che usiamo la mia auto…”“Va bene, mi faccia prendere solo il soprabito dalla mia…”“E’ necessario?”L’avvocato si ferma nel mezzo dell’entrata del bar, con il suo bel abito grigio e la sua borsa scura e guarda il poliziotto negli occhi. Sa che  sarà il suo cane da guardia per le prossime ore, sarà il testimone del suo tradimento, spera che gli abbiamo fatto l’antirabbica e che la sua auto non sia popolata da troppi agenti patogeni. Sa anche di essere comunque l’avvocato Pittaluga e che tra poche ore tutto tornerà come prima. Restano fermi lì, in mezzo al via vai di persone che li urtano guardandosi negli occhi per qualche secondo.“Si, è necessario”.L’avvocato esce dal tribunale precedendo il poliziotto silenzioso e si avvia alla sua auto. Si riprende il soprabito e si lascia guidare senza una  parola verso una vecchia Alfa Romeo scura a cui manca un copricerchione. Il motore però è ancora in ottimo stato, si schiarisce la voce e mentre l’avvocato cerca di allacciarsi la cintura di sicurezza, l’improvvisa accelerazione lo schiaccia allo schienale. Il sorriso del commissario chiarisce chi ha in mano lo scettro del potere, ora. Un potere di vita e di morte."Sa, avvocato... sono io che l'ho arrestata!"L'avvocato guarda la strada oltre il parabrezza."Complimenti"

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