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New York , 2013 : il detective Ralph Sarchie interviene al suo collega Butler per quella che viene catalogata come una lite tra coniugi. Arrivati lì, lei mostra segni inequivocabili di percosse, lui resiste all'arresto e cerca di fuggire. Quando lo prendono si accorgono che ha le unghie che sanguinano.
Altro caso quasi in contemporanea: una mamma butta suo figlio piccolo nella fossa dei leoni che fortunatamente sono chiusi da un'altra parte in preda a una strana agitazione , mentre la donna sta scavando nel terreno a mani nude.
La arrestano ritendendola pazza ma interviene un prete abbastanza sui generis, Mendoza, che assicura sulla sua sanità mentale e afferma che la donna è posseduta da un demone.
Intanto Ralph, Butler e Mendoza cominciano a dare la caccia a uno strano tipo che sembra implicato nei due fatti menzionati.
Una caccia senza esclusione di colpi e che costringerà Ralph a mettere sul piatto i suoi affetti più cari, la moglie e la figlia.
Probabilmente sono uno dei pochi che ha storto la bocca di fronte al precedente film di Derrickson, quel Sinister che ha avuto un buon successo di pubblico e di critica e non sono arrivato a questa visione col massimo delle aspettative.
Poi però vedo il cast e qualcosa mi intriga: c'è Eric Bana , uno che potrebbe essere un divo di prima grandezza e invece si è sempre distinto per scelte molto personali per quanto riguarda i film ( oppure semplicemente ha un agente che non sa fare il suo lavoro e gli consiglia i film sbagliati, non di cassetta), c'è un irriconoscibile Sean Harris, star della favolosa miniserie inglese Southcliffe ( se interessa ne abbiamo parlato qui ) e poi soprattutto c'è Edgar Ramirez, favoloso attore venezuelano star assoluta di Carlos ( ne abbiamo parlato qua ) , capolavoro, almeno per quanto mi riguarda, del grande Assayas.
E poi non mi dispiaceva nemmeno la commistione tra inferno metropolitano, direi quasi scorsesiano, se l'aggettivo non fosse abusato e spesso anche a sproposito, un qualcosa di concreto e terribilmente reale, e inferno mediato da una distorta visione religiosa.
E allora come fa a non venire in mente Scorsese e tutti i suoi dilemmi religiosi soprattutto nel bellissimo Mean Streets?
Ma a Derrickson non interessa tanto questo: la religione credo che non sia un tema che gli sia troppo caro , almeno a quanto si vede in questo film.
A lui interessa mescolare due generi che sembrano così antitetici tra di loro come il thriller urbano e l'horror.
In questo ha una visione molto pragmatica: gli interessa il meccanismo filmico, far funzionare il film.
Ci riesce? Non ci riesce?
A mio parere non troppo : se dal punto di vista figurativo ci troviamo di fronte a un buon prodotto grazie in particolar modo alla fotografia desaturata e plumbea di Scott Kevan che ricorda non poco quella di Seven con una New York livida e minacciosa, vista dalla prospettiva dei suoi vicoli più bui e malfamati , Derrickson non riesce a far compenetrare le due anime del film soprattutto perché quello che dovrebbe essere il trait d'union tra le due componenti che caratterizzano la pellicola , il personaggio di padre Mendoza, è uno dei personaggi più deboli, una specie di prete rock esperto di esorcismi , che fuma come una ciminiera e beve come una vecchia spugna.
Forse un po' troppo e tutto insieme per essere un prete, seppur apostata.
A Derrickson,coautore anche della sceneggiatura , ispirata al libro scritto dal vero Ralph Sarchie ( un vero detective del Bronx che ha scritto un libro sui casi a cui ha lavorato fin quando è rimasto nella polizia, vicende che spesso sconfinavano nel soprannaturale) interessa contrapporre il concetto di male relativo, quello che può essere messo in atto dall'uomo a quello di male assoluto, quello che ha una genesi che proviene da una dimensione altra.
Ma si limita a enunciarle senza entrare troppo nei particolari, rimane in superficie, del resto in un film prodotto da Jerry Bruckheimer non ci aspetteremo mica approfondimento psicologico?
Liberaci dal male ha l'acre sapore di una bella occasione mal sfruttata: un film potenzialmente tellurico che si rivela una specie di soufflè che si sgonfia appena uscito dal forno, una compilazione di avvenimenti in serie con un gran finale dedicato addirittura a un esorcismo in piena regola.
Un prodotto confezionato in modo più che adeguato ma che al suo interno racchiude il nulla o quasi.
Ed arriva alla soglia delle due ore.
Troppo anche per il più indulgente degli spettatori.
PERCHE' SI : ottima fotografia, bel cast, tentativo di operare una commistione tra due generi antitetici come il thriller urbano e l'horror
PERCHE' NO : troppo lungo e dispersivo, manca il mistero e l'approfondimento psicologico, il prete recitato da Mendoza, sarà pure apostata, ma ha troppi vizi per essere un prete.
( VOTO : 5 / 10 )
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