Quali sono i rischi delle Liberalizzazioni? Analizziamoli in questo Articolo.
Da sempre l’uomo cerca la panacea di tutti i mali, la pietra filosofale che trasformi la materia vile in oro scintillante e, puntualmente, ogni volta che è certo di averla trovata deve sbattere il muso contro la realtà pronta a ricordargli che la perfezione non è di questo mondo.
Dopo la caduta del muro di Berlino, l’Occidente ha nutrito grandi aspettative di rinnovamento e di riscatto. Lo Stato protagonista egemone dell’economia che, a leggere la teoria keynesiana, avrebbe portato benessere a tutti anche solo facendo scavare inutili buche per poi richiuderle, dopo un po’ di tempo si è trasformato nell’incubo di chi volesse dare sfogo alla creatività e intraprendere un’attività imprenditoriale. Una burocrazia farraginosa che ha prestato il fianco alla corruzione e alla concussione, la spesa pubblica cresciuta a dismisura, l’inflazione hanno evidenziato le storture di un sistema economico basato sulle teorie stataliste, aprendo le porte quel liberismo che però, seppur rivestito di termini nuovi come globalizzazione, resta sempre quell’insidioso “Mangiafuoco” che, lasciato senza freni, portò l’umanità, nei primi anni del XX secolo ad una crisi economica senza precedenti..
Segno di questi mutati intenti fu, in Italia, la soppressione nel 1993 del Ministero delle Partecipazioni Statali.
Il liberismo, anche appellato con un termine che potrebbe richiamare alla mente romantici e patriottici ardori, “liberalizzazione”, in Italia ha significato fino ad oggi soprattuto “privatizzazione”. Sono stati venduti “gioielli di famiglia”, facendo piangere le casse dello Stato e sorridere quelle dei privati acquirenti. Privatizzazioni di Enti pubblici fornitori di servizi non soggetti alla legge della domanda e dell’offerta e per i quali vi era uno stato pressochè di monopolio non hanno portato alcun vantaggio al cittadino.
Con il governo Monti, chiamato a traghettare l’Italia attraverso canali troppo insidiosi per la nostra attuale classe dirigente, si sta assistendo alla prima, seppur timida, liberalizzazione.
La possibilità, ad esempio, per i giovani fino a 35 anni di costituire una società a responsabilità limitata con un capitale simbolico di 1 euro e senza recarsi da un notaio per costituirla è una grossa opportunità per chi ha la creatività e la voglia per fare l’imprenditore.
In un sistema economico come quello italiano da sempre legato a lacci, catene, baronati e monopoli di fatto, è probabile che la liberalizzazione offra quella boccata di ossigeno necessaria per far aumentare il PIL e assicurare un’equa distribuzione della ricchezza e di conseguenza un benessere diffuso.
C’è da sperare però che quanto prodotto da tanta nuova imprenditoria trovi sfogo nel mercato altrimenti le liberalizzazioni non faranno altro che creare la prigione dei magazzini pieni di resi o invenduti.
Occorrerà vedere quanto ancora gli italiani hanno da spendere in fantasia e creatività per inventare e proporre merce di qualità che il mercato non potrà rifiutare. L’auspicio è che non accada come nel passato in cui l’Italia sprecò, per cialtroneria, primati di valore in settori come l’aviazione o l’elettronica.
E’ una sfida epocale a cui cittadini e politica sono chiamati insieme a dare il meglio. Il primo appuntamento è nei giorni prossimi alle camere: vedremo quanto davvero l’Italia ha voglia di riscatto.