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Liberi di essere manichini

Creato il 17 luglio 2011 da Albertocapece

Liberi di essere manichiniAnna Lombroso per il Simplicissimus

La promozione di «Coin hi-fun» con i «manichini viventi» in vetrina alla Coin di Piazza Cinque Giornate a Milano continua anche sabato e domenica. Attraverso una nota, il gruppo Coin ha comunicato che non ha «affatto ritirato i modelli dalle vetrine, non ravvisando alcun motivo per farlo». La nota Coin è una replica a quella di venerdì della Cgil, che ha fortemente criticato l’iniziativa dei modelli/attori in costume da bagno “esposti” in vetrina: la sperimentazione ha il meritato successo, si era già fatta negli stati Uniti e a Londra, in fondo è la globalizzazione e Coin ci aiuta a non restare indietro. Nel neo liberismo dei corpi c’era da scommettere che i consigli per gli acquisti arretrassero dal teleschermo alla vecchia vetrina, in fondo tutta la nostra modernità è inclina a essere regressiva.
Mediaset, si proprio quella, ha intervistato alcuni manichini in carne e ossa, tartaruga e silicone che hanno rivendicato la loro “libera scelta” di esibirsi come nei tableaux vivants davanti al re sole, sia pure per un più domestico struscio meneghino. E’ un lavoro onesto, si guadagna e poi siamo giovani, belli che male c’è?
Certo mica possiamo stupirci. Questo è lo stesso paese nel quale i ragazzi – interrogati dai sondaggisti a proposito delle aspettative per il futuro – dopo la legittima lagnanza sul domani eroso e mutilato, dichiarano di voler essere calciatori o veline malgrado il repentino passaggio dalla cronaca rosa a quella giudiziaria.

Il fatto è che qui siamo di fronte, senza fare troppi moralismi, a qualcosa di ancora più desolato del sogno dei ragazzi degli anni ’50 che volevano diventare divi dei fotoromanzi. O delle adolescenti degli anni ’80 che sognavano le passerelle. Se i manichini viventi volessero solo guadagnare un po’ di quattrini grazie a quell’arioso e trepido cinismo dei giovani davvero ci sarebbe poco da obiettare. Ma gli intervistati lasciano intendere che si accontentino di qualcosa di molto più passivo effimero del quarto d’ora di celebrità concesso a tutto nella società dello spettacolo. Si dicono gratificati della loro ostentazione palestrata e lucida, della possibilità di interpretare come in un film, muto peraltro, una gioventù spensierata, opulenta e ridente su una spiaggia di cartapesta.
Se questo è il sogno che abbiamo loro riservato, allora tutti i discorsi sulla dignità offesa dei corpi messi in mostra e consumati da una sessualità comprata e venduta, suonano arcaici. È vero che questi fisici giovani belli e indistiguibili per via di quella somatica di governo che li vuole tutti uguali, ubbidienti esteticamente e politicamente corretti, sono uno strumento per affermarsi almeno per il tempo di una rappresentazione che ha di sacro solo il dolore che può stare dietro alla vetrina. Ma qui in vendita sono soprattutto i sogni e a essere stato comprato nei grandi magazzini è il loro futuro diventato così poco prezzo da poter essere messo in liquidazione.


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