La tomba del Blasco profanata da Elvira Gerardi per Umore Maligno
Vasco Rossi è morto. Già da un pò.
Finalmente ha chiuso con i live.
(Pazzesco, era da giorni che fischiettavo “Libera Nos a Malo”)
Lascia milioni di fans addolorati, decine di discografici distrutti e la musica in pace.
In lutto anche i sorcini. Era proprio uno Zero.
Vasco Rossi (1952-2011), cantautore. Icona rock intergenerazionale fino a metà degli anni Ottanta: rissoso, sprezzante, drogato, carcerato. Una volta fatti i soldi, decide che può rilassarsi e campare di rendita. Poi, dopo aver illuso il pubblico di non essersi completamente bevuto il cervello grazie agli ultimi sussulti di “Cosa succede in città” e “C’è chi dice no”, si lascia completamente andare pubblicando porcherie come “Stupido Hotel” e “Buoni o cattivi”. L’ultimo album… (Non so nemmeno come cazzo si chiami e non lo voglio sapere. Ha rovinato una generazione cantando quanto sia fico tirare di coca; i suoi ammiratori sono per il novanta per cento degli idioti alcolizzati che non capiscono un cazzo di musica, che odiano ogni altro musicista e sono pronti a spaccare la faccia a chiunque metta in dubbio la grandezza indiscutibile ed assiomatica del loro idolo; hanno affollato i suoi concerti a botte di sessanta euro, solo per “Bollicine”: delle canzoni recenti non gliene fregava un cazzo. Ma mai meno di quanto a lui fregasse della propria dignità, che avrebbe potuto salvaguardare ritirandosi, o almeno smettendola di fingere di avere trent’anni)
A chi lo ha spesso accusato di essere un esempio negativo di rockstar, ha sempre risposto con fermezza: “Rock?”
Numerosi gli pseudonimi adottati nel corso della carriera: “Blasco”, “Komandante”, “Vecchio ciccione pelato e cocainomane che fa musica di merda”.
Un artista ripetitivo, banale, ruffiano. Quando uno muore è giusto non parlare dei difetti.
Lo ricordiamo per canzoni indimenticabili, e per ridicoli ossimori come “io sono ancora qua”.
Il suo testamento spirituale è contenuto nell’ultimo album “Vivere o niente”. Niente.
Nella sua carriera ha pubblicato 25 album, 16 in studio, 7 live e 2 raccolte ufficiali, il tutto facilmente scaricabile. Con lo sciacquone.
Dopo l’album “Bollicine” ha adottato un approccio marcatamente commerciale, fino a collaborare con Irene Grandi e Noemi e dimostrando come per una rockstar non sia mai abbastanza presto per morire.
Ha dato un grande contributo alla musica, alla storia, all’economia e alla cultura del suo paese. Zocca.
Ultimamente le precarie condizioni fisiche lo avevano indotto a cancellare i live. Una definizione comunque eccessiva.
Era ormai un’icona. Per questo sarà seppellito in Russia
Il suo fervore civile sarebbe indispensabile in questi giorni di dibattito sull’energia nucleare: noi ad esempio saremmo favorevoli, se si scoprisse che lo ha ucciso.
ll Komandante è morto. Le complicazioni di una pleurite hanno avuto ragione di un fisico provato da mille battaglie: droghe, psicofarmaci, Sanremo, collaborazioni con Tiziano Ferro.
La redazione di Umore Maligno lo ricorda con l’affetto e la devozione che si deve a un rocker di razza, un animale da palcoscenico, un artista multimediale capace di annodare un filo diretto e strettissimo con milioni di fan. Ah no, scusate, quello è Ligabue.