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libertà di offendere

Creato il 19 gennaio 2015 da Gaia

Avendo visto quanto la lungo e abbondantemente si è parlato della questione di Charlie Hebdo e della libertà di espressione, non mi sembrava il caso di aggiungermi al coro per dire cose tutto sommato scontate. Lo faccio ora per il semplice motivo che davanti ad avvenimenti del genere faccio fatica a tacere, e comincio dalla mia parte, per non prendermela solo con i musulmani (o parte di loro).

In realtà neanche questa sarebbe la “mia” parte, perché non mi riconosco più nella Chiesa cattolica. Ad ogni modo, per non partire subito all’attacco degli altri, inizio con il dire che sono disgustata da quanto ha detto il papa, il tanto amato papa Francesco: “non si può prendere in giro la religione.” Ah no? Da quando? Perché? E se uno lo fa, come gli si fa capire che “non si può”? Forse che papa Francesco vuole, alla sua maniera bonaria e gentile, cancellare l’Illuminismo e tutto quello che è venuto dopo – e, da questo punto di vista, anche prima?

Ho sentito dire, questa volta e anche altre simili, che le vignette in questione erano vergognose, o sinonimi, e che libertà di espressione non significa libertà di offendere. Lo ha detto anche il papa, a quanto viene riportato: non si può offendere. Anche questa è una novità.

La libertà di espressione è esattamente questo: libertà di offendere. Ovviamente non tutte le opinioni che esprimiamo devono necessariamente essere offensive, ma il punto è proprio questo: anche se lo sono, siamo liberi di esprimerle. Una libertà di espressione che sia solo libertà di dire cose che fanno piacere è un’idea ridicola. La libertà di espressione comincia appunto dove comincia l’offesa.

Inoltre, purtroppo, la religione pretende un primato che alle altre forme di pensiero umano non è concesso. Io mi sento offesa tutti i giorni da qualcosa che qualcun altro dice: mi sento offesa da chi nega la gravità del disastro ambientale causato dall’essere umano, la parità tra uomo e donna, le conquiste della scienza e della medicina, mi sento persino offesa nella mia intelligenza dall’esistenza stessa della religione in moltissime sue forme. Mi sento offesa quando qualcuno irride le mie scelte di vita e ciò che per me ha valore. Però, siccome il mio pensiero non aderisce a un pensiero collettivo, standardizzato e religioso – tre requisiti fondamentali – non potrei mai esigere di essere rispettata come lo pretendono i membri delle religioni riconosciute. La religione osa pretendere un trattamento che nessun altro pensiero si aspetta.

Io, comunque, accetto di venire offesa. La mia intransigenza intellettuale si abbina a una grande tolleranza, pur nella sofferenza, pur nell’ira, del pensiero altrui.

Mi si dirà: sì, ma ci sono dei limiti alla libertà di espressione. La Francia stessa lo ha mostrato arrestando un comico proprio nei giorni in cui manifestava orgogliosamente per la libertà – una mossa assurdamente ipocrita, dal mio punto di vista.

Per quanto mi riguarda, i limiti alla libertà di espressione devono essere veramente minimi: non si può diffamare, non si può incitare all’odio razziale, e poco altro. Ma si può offendere. Persino negare l’Olocausto dovrebbe essere autorizzato: non è competenza dello stato definire una verità storica, tanto più che allora dovrebbe farlo per qualsiasi evento, non solo per uno.

E a questi musulmani che protestano in tutto il mondo, come avevano già fatto in passato, per delle vignette che “li offendono”, dico: siete patetici. Siete liberi di farlo, ovviamente, ma siete patetici. Siete patetici perché pretendete un trattamento diverso da tutti gli altri, e perché non siete capaci di fregarvene. Ma ditemi voi se il Niger, una nazione al collasso, senza cibo, con la più alta natalità del mondo, con le donne trattate come animali, non ha problemi più grossi di cosa scrive un giornale a Parigi!! Ma fregatevene! Il problema è l’imperialismo francese? Bene, prendetevela con quello. Ma il problema non può essere che un giornale che non avete mai letto nella capitale di un paese in cui non vivete scrive di una cosa che per voi è tutta un’altra. Ripeto: chi da così tanta importanza a una vicenda che potrebbe semplicemente ignorare, ed è incapace di dirigere la propria energia e la propria rabbia verso problemi veri, prendendosela piuttosto con pretesti e con innocenti, è semplicemente patetico.

Adesso verranno a cercare anche me.

(E si vergognino anche i britannici che per non offendere i musulmani non si sono azzardati in quasi nessun caso a mostrare la copertina dell’edizione speciale di Charlie Hebdo)

Riguardo al rapporto Islam-Europa, alle affermazioni dei politici che non possono, ormai, sbattere fuori tutti gli islamici né pretendere che smettano improvvisamente di essere come sono (cioè, in vari modi, dal musulmano per finta all’integralista), io non dico niente perché è una realtà che non conosco bene, ma soprattutto perché la storia ci mostra che le religioni vengono interpretate in vari modi a seconda delle condizioni culturali e materiali del popolo o del regime che le professa. Ci sono stati momenti, secoli fa, in cui l’Islam è stato più tollerante del cristianesimo; altri in cui l’ateismo di stato, nella forma del comunismo, è stato molto più repressivo della religione.

Lo stesso Illuminismo che ho nominato nacque in un’Europa fortemente, violentemente e coercitivamente cristiana, in cui si poteva venire torturati e condannati a morte per blasfemia – e dallo Stato, non dalla Chiesa. Gli europei la libertà di e dalla religione se la sono guadagnata, e se ce l’ha fatta un continente devastato dal fanatismo religioso, e che con questo fanatismo ha devastato il mondo, quale l’Europa, ce la può fare chiunque. Solo, per piacere, non torniamo indietro.

Io la libertà di espressione la pratico ogni giorno, nel mio blog, nei miei discorsi, nei miei libri, non per provocazione (nemmeno le bestemmie che ho scritto per intero lo erano) ma perché ho qualcosa da dire che può offendere e, grata a chi mi ha spianato la strada, lo dico anche se offende. Per inciso: mi dispiace offendere. Quando critico il papa, so di ferire amici che sono convintamente cattolici, e mi dispiace ferire i sentimenti altrui. Però accetto che gli altri feriscano i miei, e che nel dibattito non può esserci progresso se non si accetta di ferire ed essere feriti. E non mi si dica che la satira è diversa dalla critica in un dibattito: la satira è come la poesia, un’apparente scorciatoia che può contenere, in realtà, infiniti significati dietro la sua immediatezza. Può piacere o non piacere, ma fa parte dell’espressione la cui libertà difendiamo.

Non ho detto ‘je suis Charlie’ perché mi sembrava ridicolo. Io sono io, non sono altri, ma se c’è una cosa che sono di sicuro è grata a chi è morto per la libertà, che non è assoluta, perché niente lo è, ma è una delle cose per cui vale la pena vivere e morire. Difendiamo le conquiste del passato, non torniamo indietro: c’è ancora tanto da fare per andare avanti.


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