Libertà di scelta o decisione “spintanea”?

Da Ciraolo

Questo articolo è stato scritto da Alessandro Pollutri.

Foto | if it makes you fly…

Oggi siamo più liberi. Ma di fare cosa?

Che oggi si parla sempre e comunque di una società evoluta quanto ‘libera’ è cosa ormai nota e sulla bocca di tutti. Ma come mai allora molte persone non si sentono effettivamente libere? Capita spesso di affrontare discorsi sull’unicità personale e altrettanto spesso mi sento di rispondere che sì, certamente ognuno è unico per biologia ed esperienza personale.

Ma il detto “il mondo è bello perchè è vario”, proprio in quest’epoca di progresso tecnologico (e sottolineo: tecnologico) sà di frase datata quanto poco realistica in quanto il conformismo globale è evidente. Certamente siamo più tecnologizzati, abbiamo più vestiti: abbiamo notevolmente più alternativa. Ma ora, che sia una scelta veramente unica, personale, sentita e spontanea non sarei così sicuro.

Libertà… di essere spinti a scegliere!

Sapete cos’è il marketing? Da Wikipedia riporto, Marketing:

“l’insieme delle attività che mirano a influenzare una scelta del consumatore o cliente”

Marketing Emozionale (che io chiamo “spintaneo”):

“la capacità di evidenziare, stimolare ed estrapolare i desideri occulti nell’essere umano, modificandoli in esigenze e bisogni primari”

Ossia, lo scopo è quello che il consumatore senta la necessità di possedere un prodotto, percependolo (più o meno consciamente) al pari di un bisogno primario (come fare pipì, pupù, nutrirsi, etc…).

Indi, abbiamo forse libertà di scelta, ma all’interno del “range” che ci viene proposto. Se volessimo “altro”, o non potremmo averlo oppure saremmo considerati dei “diversi”, degli “eccentrici”. Ma solitamente non è questo che vogliamo (per quanto possa sembrare incredibile): un’altro dei bisogni principali dell’essere umano è quello di “appartenenza”.

[Abbiamo bisogno, cioé, di sentirci parte di un gruppo (famiglia, associazioni, nazione, etnia, compagnia, partito, tifoseria, e chi più ne ha più ne metta!). Il modo di vestire, la musica ascoltata, i libri letti, le opinioni sociali: spesso si ha la sensazione di aver trovato una strada propria, unica, quando in realtà si sta semplicemente seguendo una o l’altra moda. - NdAndre]

Ovviamente sto generalizzando un discorso ampio, ma vorrei porre l’accento su chi realmente decide ciò di cui NOI abbiamo bisogno.

Libertà… di opporsi alla spinta.

Fino a qui si potrebbe anche obiettare la valenza delle mie affermazioni, ma vorrei aggiungere una riflessione: in che modo puoi essere libero di scegliere se tutte le merci sul mercato sono prodotte in modo, tempi e specifiche decise dalle case produttrici? Se la pubblicità di dice che sei meno bello di altri se hai le rughe e non usi quel prodotto? La società su che valori si sta basando?

Questo per dire che siamo liberi di scegliere sì, ma solo ciò che viene deciso di vendere da chi produce.

Sicuramente molti di voi mi diranno che scelgono consapevolmente cosa vogliono per una qualsiasi ragione, e son d’accordo. Salvo per il fatto che l’inconscio (cioè dove lavora la psicologia del marketing) e le spinte culturali non sempre sono sotto il nostro controllo diretto. Come mai capita che vedendo una pubblicità abbiamo voglia di quel particolare cibo, macchina, linea fisica, crema per il viso con particelle di ginseng bioconvertite appositamente per impedire la fase del decadimento cellulare bal bla bla, o altro? Ovviamente è un caso

Ripeto, non voglio condannare né giudicare (il sistema o chi segue la ‘moda’) ma solo porre l’attenzione su come il sistema funziona e quindi prendere coscienza dei meccanismi che utlizza. Prendendo meglio coscienza del funzionamento “psicologico” dell’economia potremmo essere meno “manipolabili” e più consapevoli delle nostre scelte. E sicuramente più liberi di scegliere veramente ciò di cui si ha bisogno per vivere meglio.

“Non c’è libertà se non c’è conoscenza.” – A. Pollutri

Ai tanti “liberi” cedo la parola.

Alessandro Pollutri

Libertà di scelta o decisione “spintanea”? è stato pubblicato da Andrea Ciraolo.


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