Mentre era in volo per raggiungere Manila ,nell’arcipelago delle Filippine,i giornalisti accreditati che lo hanno accompagnato in questo viaggio pastorale in Asia, hanno posto a Papa Francesco tutta una serie di quesiti, cui il pontefice, con il consueto garbo e la sua consueta semplicità d’eloquio, ha risposto senza fare mistero del proprio pensiero negativo in merito al fondamentalismo, che uccide in nome delle religioni.
<<I kamikaze- ha detto Bergoglio – donano certamente la vita per un’ideale. Solo che questo dono è sbagliato.>>
<<Personalmente sono convinto- ha aggiunto- che si tratta di personalità disturbate e, quindi, pericolose per la collettività.>>
Ma in una società prevalentemente laica, come sappiamo essere quella occidentale,cioè la nostra, la lingua batte dove il dente duole.
Libertà per alcuni, infatti, non sempre è autentica libertà e viene spesso identificata con licenza di fare anche quello che non s’ha da fare.
E questo semplicismo nel leggere il reale, questa superficialità d’intenti e d’azioni concrete, possono generare (e generano) molto spesso danni irreparabili.
Parigi docet, specie se guardiamo alle personalità degli autori della mattanza al giornale satirico “Charlie Hebdo”.
Intanto, mentre “Giotto”, l’areo papale, è quasi in prossimità della capitale filippina, c’è stata al pontefice la domanda trabocchetto di uno dei tanti corrispondenti.
Quella che avrebbe potuto imbarazzare.
Ossia il giornalista domandava che cosa occorre privilegiare in una società : la libertà religiosa o la libertà di espressione?
E chiedeva : sono esse, in qualche modo, conciliabili?
Ma Papa Francesco sa come uscire dall’angolo in cui l’astuto “boxeur” del momento intende relegarlo e, come un valido combattente sul ring, rigetta il colpo all’avversario.
E, si sa anche,come sappiamo, che ciò che esplicita a parole il Papa di Roma, al tempo di internet e dei social network, fa il giro del mondo in pochi secondi.
Così dalla Francia istituzionale non tarda ad arrivare la replica di Christiane Taubira, ministro della Giustizia francese.
Ecco che al rispetto dovuto a tutte le religioni, come ha sottolineato più volte Bergoglio nei molti interventi anche in passato, e ultimamente nello Sri Lanka, i figli minori di Voltaire, definendosi il Paese dell’irriverenza, per bocca della stessa ministra, rivendicano di avere ufficialmente il diritto ad ironizzare su tutto e tutti e, quindi, pure sulle religioni.
L’ironia in sé e per sé è chiaro che è un segnale che è espressione d’intelligenza. In una democrazia ci sta tutta. Però essa va usata con “mica salis”.
Per essere più esplicito, Papa Francesco, al giornalista –interlocutore, non solo risponde difendendo entrambe le libertà, com’è giusto che sia in qualunque paese civile. E, in particolare lì dove esiste uno Stato di diritto. Ma porta un esempio molto colorito, per essere certo d’essere compreso.
Replica e dice, a proposito del rispetto dovuto alle religioni, che se qualcuno, lo stesso giornalista, in una qualsivoglia occasione offendesse, ad esempio, a parole sua madre, non potrebbe che aspettarsi un pugno ben assestato in viso.
E mima simpaticamente il gesto.
La stessa cosa vale per coloro che professano un credo religioso, Quale che esso sia.
<< Ciascuno ha diritto a difendere ciò in cui crede- puntualizza il Papa- e tutte le religioni hanno antiche radici impiantate nelle culture dei diversi popoli, culture che meritano assoluto rispetto.>>
Induismo e buddismo, religioni asiatiche, sono antichissime e le loro origini, come insegna la Storia, si perdono nella notte dei tempi. E così anche ebraismo, cristianesimo e islam, sia pure nei secoli successivi.
Importante è che le religioni tutte concorrano in armonia al bene comune e che di esse non si faccia un uso strumentale.
E soprattutto che non si abbia a servirsi mai dei poveri, degli emarginati, per mettere a segno biechi propositi di natura omicida contro persone inermi.
I poveri e gli emarginati, come tutti coloro che non possono difendersi, o non arrivano ad accorgersi d’essere manipolati per scopi altrui, quali che siano le cause che hanno determinato le loro condizioni e azioni, meritano semmai attenzione e aiuto. Aiuto morale e aiuto materiale.
Misericordia è una parola che Papa Francesco ripete spesso.
E questo anche perché non accada ciò che è accaduto in Nigeria con delle bambine imbottite di esplosivo o, nelle Filippine, dove Papa Francesco porta con la sua parola in queste ore il messaggio del Vangelo e dove è notorio l’incontrollato sfruttamento dei minori.
Quello che va dal lavoro forzato per un incredibile numero di ore a oscene pratiche sessuali, messe in atto su bambini e bambine da turisti senza scrupoli che, a pagamento, complici i lenoni del posto, frequentano appositamente per questo i grandi alberghi di lusso di alcune località dell’arcipelago.
Nella sola Manila, a proposito di povertà, girano per le strade, senza meta e senza cure,perché privi di famiglia, almeno cinquecentomila bambini. Nell’intero arcipelago, invece, si può arrivare come numero, per difetto, quasi al milione.
Sono esserini di ogni età in balia della droga facile, quella dei poveri, che hanno vissuto l’esperienza dell’ accattonaggio e conoscono già da piccoli ogni forma di violenza e di brutalità.
Combattere queste povertà a Manila, nelle Filippine tutte, nello Sri Lanka e in tante altre parti del pianeta, dall’Africa all’America latina, alla stessa Europa, con qualunque mezzo (impegno della chiesa locale, delle congregazioni religiose, dell’associazionismo laico e/o d’ispirazione cristiana e non solo, come la Fondazione Anak- Tnk ,che si è rivolta direttamente al Papa per i suoi bambini e i suoi ragazzi), questo sì che è molto importante.
Unitamente al rispetto della vita, che non va mai dimenticato a tutte le latitudini.
Ecco la cifra della risultante del viaggio di Papa Francesco.
Impegnarci cioè, tutti e ciascuno, nella ricerca di una possibile soluzione alle povertà ovunque esse siano presenti.
Il contesto filippino di antica evangelizzazione, cattolico in buona parte, lo consente. Ma il resto del mondo deve , che piaccia o meno,supportare e fare la sua parte.
In quanto questo genere di povertà, che puoi leggere, senza tema di smentita, emarginazione tout court, contraria al progetto di Dio sull’uomo, è un altro e differente pugno “forte” nello stomaco che, questa volta, viene inferto a noi senza possibilità di scampo se, pur pieni di buone intenzioni , superata l’emotività momentanea, subito dopo l’ascolto delle parole del Papa, ci fermiamo semplicemente a guardare e a non agire.
Marianna Micheluzzi(Ukundimana)