Erano entrati in un bar per rinfrescarsi e incontrare qualche amico, e invece si sono ritrovati in mezzo a un famoso, allegro brano della Traviata. I cantanti erano tra la gente, la musica è partita all’improvviso, senza che nessuno sapesse nulla della performance. Come fosse un regalo, una sorpresa. L’opera è sbucata dove nessuno se l’aspettava, il teatro era la vita di tutti i giorni. Un teatro senza pareti, senza spazi fissi, che può aprirsi ovunque fra gli spettatori, come se tutti fossero sul palco, non davanti al palcoscenico, attenti e appassionati, ma fuori dall’opera in costume, bensì al suo interno, nello stesso clima emotivo. Il coinvolgimento è stato massimo. Perché a Cremona, che voleva diventare una città della cultura e della musica, questo non si può fare? Perché si pensa sempre all’edilizia, alle grandi spese, agli edifici (il Parco dei Monasteri, grande progetto, era però anche questo ed è fallito per i problemi connessi a questi aspetti).
Ma il teatro, l’opera lirica, va per forza incapsulato nei soliti contenitori, chiusi e ben controllati? Dove ci si comporta sempre allo stesso modo e gli spettatori non possono muoversi?
La società è un teatro ma il teatro può esistere solo imbalsamato nella prigione della tradizione?
Ovviamente le istituzioni cremonesi due anni fa hanno respinto il progetto. Con molta puntualità, senza smentirsi mai. Si lamentano dei finanziamenti tagliati dallo Stato, ma i progetti di qualità a costo zero non li vogliono, perché fanno male alla vecchia politica.
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