Roma, 1-10 aprile 2011
Auditorium Parco della musica
Un'altra fiera del libro. Altri stand a caccia di un lettore distratto o di un consumatore ossessivo che non sa resistere alle lusinghe di una promozione che dura un giorno solo. Persone che girano come monadi impazzite fra stretti corridoi e centinaia di editori, occhi atterriti da migliaia di titoli ed accattivanti copertine che mormorano, tutte insieme, la loro canzone come novelle sirene alle prese con codardi Ulisse.
Avete sudato abbastanza? Bene, ora dimenticate tutto ed entrate con me a “Libri Come” festival del libro e (incredibilmente) del lettore. Questa iniziativa romana, arrivata alla seconda edizione dopo l’inatteso successo di presenze dello scorso anno, non vi farà assistere a nulla del genere. A “Libri Come” il centro dell’evento sono i lettori. Non vi sono stand. Non vi sono promozioni per chi compra questo o quel libro alla grande libreria dell’auditorium di Roma dove si svolge il festival, se non la possibilità di vederselo autografato dallo scrittore in carne e ossa che, certamente è arrivato per promuovere il suo nuovo libro, ma anche per parlare con i suoi lettori. Se qualcuno di voi si fosse avventurato ieri, nella seconda giornata del festival, nello spiazzo antistante all’Auditorium che Renzo Piano ha fatto apparire (GRAZIE!) nel bel mezzo del villaggio olimpico di Roma, si sarebbe trovato di fronte ad un sole estivo, che iniettava i suoi 26 gradi centigradi nella pelle da vampiro che vi siete portati addosso per tutto l’inverno, costringendola a risvegliarsi, a pensare al mare, a una corsa in moto, a una passeggiata sugli argini del Tevere, ma certo non a rinchiudersi in una grande sala buia a forma di coccinella per ascoltare lo scrittore di turno che parlava della sua ultima creatura. Poi però avreste adocchiato uno dei libroni giganti che sorvegliano l’ingresso al Festival, sull’attenti e semi aperti, come guardie a difesa di un impero in attesa di essere invase. Allora avreste visto che all’interno dei libroni c’era il programma del festival e nomi che non vi avrebbero lasciato scampo (da Umberto Eco a Jonathan Franzen, passando per Magaret Mazzantini, Nicole Krauss, Sandro Veronesi, Dacia Maraini, Alessandro Baricco, Melania Mazzucco, senza dimenticare la possibilità di ascoltare l’evoluzione della società liquida dalla viva voce di Zygmunt Bauman). Avreste poi scoperto che oltre agli incontri con grandi e affermati scrittori che vi avrebbero raccontato come scrivono i loro libri, come disegnano i loro personaggi, ma soprattutto come e se rileggono i propri libri e quegli degli altri, vi sarebbe stato spazio per tutte le vostre domande e per ascoltare tante letture, in continui spazi di sperimentazione, denominati garage, in cui la figura dello scrittore e del lettore si sovrappongono, così come dovrebbe essere.
A questo punto, se siete lettori appena appena passabili, sareste entrati, rapiti da quel piacevole turbamento di chi ha tanto da sentire e non sa scegliere fra due eventi in parallelo, pensando già di inviare un amico a sentirne uno armato di registratore, mentre voi scappate con il vostro taccuino verso l’incontro che proprio non potete perdere.
Vi sareste trovati allora davanti a due poltroncine rosse, illuminate da un occhio di bue dai toni azzurri e in una sala che poteva sembrare un azzardo, perché troppo grande per essere riempita, in un sabato pomeriggio di sole, da lettori (specie che tutti i sondaggi danno in via di estinzione). L’avreste invece vista riempirsi, mentre l’oggetto della vostra curiosità sarebbe apparso a pochi passi da voi, in carne e ossa, vivo e vero. Se aveste scelto il 2 aprile per partecipare al festival vi sareste trovati a fronteggiare Nicole Krauss e Margaret Mazzantini. Splendidamente contrapposte, Nicole Krauss (poetessa prima e romanziera poi, tra i venti migliori scrittori americani under 40 secondo la prestigiosa rivista “New Yorker”) tutta dentro e Margaret Mazzantini (sceneggiatrice teatrale prima e romanziera poi, considerata una delle più grandi scrittrici italiane viventi) tutta fuori. Nicole Krauss vi avrebbe rivelato che leggere è stato per lei, fin da piccola, la grande fuga, la possibilità di vivere dieci, cento vite diverse dalla sua in paesi diversi da quello che comunque non ha mai sentito come proprio. Avrebbe parlato con un tono di voce morbido e controllato, riflettendo prima di rispondere alle domande di un giornalista dell’Espresso che avrebbe sfoderato tutto il miglior repertorio da critico letterario per impressionarla ed impressionarci. Ma lei non si sarebbe lasciata guidare, perché Nicole Krauss avrebbe deciso di parlare di sé, di come naturale sia per lei inventare e scrivere e di come vi sia bisogno di tanto esercizio e di tanta attenzione agli altri. Poche parole per Nicole Krauss, ma molto convincenti, di una scrittrice che cerca qualcosa oltre i gesti dei suoi personaggi, così come li cerca oltre quelli delle persone di fronte a lei. Mentre starete finendo di ascoltare il suo intervento non potrete non chiedervi (se non lo avete già fatto) come sarebbe ritrovare la sua voce ogni sera fra le pagine del suo ultimo libro.
Non paghi di tutto queste emozioni, uscirete sereni dalla sala e vi indirizzerete verso l’incontro con Margaret Mazzantini, consapevoli che il registro si ribalterà. “Certe volte siamo a cena con Sergio e gli dico: Taci! Che devo sentire le persone al tavolo vicino che parlano.” Ecco sarete appena entrati e già vi troverete immersi fino al collo in un mare in tempesta, nella feroce curiosità della Mazzantini che vi avrà assalito e assorbito, senza sosta. Uno tzunami di parole che esplodono su di voi, lasciandovi entusiasti e atterriti al contempo, perché saprete che non è che l’inizio, che sarà quasi impossibile far tacere Margaret Mazzantini. Vi troverete ad ascoltare allora il come, anzi ogni come le venga in mente. Come costruisce i personaggi, entrando nella loro pelle o lasciando che essi entrino nella sua, come costruisce le sue storie, vivendo ogni attimo, ogni oggetto, ogni gesto di quella storia, uscendone alla fine consumata e soddisfatta. “Un sacco di botte”. Ecco cosa potrebbe fare, secondo lei, di una storia una buona storia. E’ così che il lettore dovrebbe sentirsi completando un suo romanzo.
Mentre uscirete dalla seconda sala, le idee si ribelleranno alla vostra testa, troppo stretta per assecondarle tutte e inizierete a desiderare altre vite anche voi, da colonizzare e riempire. Tornerete allora a “Libri Come”, lo farò anch’io. C’è tempo fino al prossimo 10 aprile.