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Il titolo dell'opera di Leo Buscaglia, La Via del Toro, deriva da un libro Zen scritto da un maestro cinese vissuto nel dodicesimo secolo, I Dieci Tori. Buscaglia dava molta importanza allo spirito e al cammino di conoscenza dell'uomo che poteva realizzarsi abbandonando in prima istanza gli stereotipi ereditati dal proprio ambiente sociale (consumare per essere, raggiungere forzatamente uno scopo, possedere, ostentare ecc.) per raggiungere successivamente una maggiore consapevolezza di se stessi attraverso il viaggio. Cercando di imitare le grandi esperienze di formazione dei nobili del Settecento che partivano alla volta del Grand Tour, Buscaglia intraprese un lungo viaggio inoltrandosi nell'Oriente più selvaggio e caratteristico. Partendo dal Giappone l'autore attraversò Cina, Indocina, Indonesia, India ed arrivò in Nepal.
Una piccola parte della sua esperienza di viaggio è confluita in questo libro, La via del Toro, che racconta aneddoti e piccoli insegnamenti ricevuti "in dono" durante il tragitto. E' suddiviso in dodici capitoli e ciascuno di questi inizia con una massima che introduce all'argomento e alla storia trattata. Il lettore si immergerà molto presto nell'atmosfera zen dei luoghi citati, alcuni dei quali carichi di pace e quiete. I racconti sono molto significativi e da essi traspare l'importanza del dialogo con le genti del posto che l'autore stesso considerava come "il pezzo principale nel puzzle del proprio viaggio".
<< Questo è il Giappone che amo>> sussurrò Abe. <<Mi spaventa il fatto che ora siamo diventati una grande potenza capace di resistere e competere col resto del mondo, dovremo diventare come gli altri, e ciò vuol dire che dovremo rinunciare a tutto questo, alle meraviglie del nostro passato>>. [...] Dette una lunga occhiata al giardino: <<Se tutto questo sparirà diventeremo come gli altri; allora dove andremo a cercare la quiete?>>. La via del Toro, 1988
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