Cari lettori,
ognuno di noi, nel corso della sua vita, ha aperto l’anno nuovo con dei buoni propositi.
I nostri sono: offrirvi sempre articoli di qualità, farvi conoscere sempre nuovi artisti da tenere d’occhio, e continuare con le nostre rubriche di consigli che, a quanto sappiamo, molti di voi hanno seguito con entusiasmo. Quindi ripartiamo alla grande anche questo mese, e questo nuovo anno, con i nostri immancabili consigli!
Libri
Anne Rice non è solo una brava scrittrice: è un capisaldo della letteratura horror e della sensualità su carta. Il suo “Intervista col vampiro”, primo capitolo delle fortunatissime Cronache dei Vampiri, ha aperto gli occhi del grande pubblico sul mondo dei vampiri, dove questi ultimi non sono dei semplici “succhiasangue” ma creature terribili, meravigliose e incredibilmente affascinanti.
Lestat, indiscusso protagonista, deus ex machina dell’intero mondo vampiresco, torna alla ribalta in prima persona con il nuovo, attesissimo lavoro della Rice dal titolo, appunto, “Il Principe Lestat”. Un libro in cui il fascino, l’eleganza, la sensuale bellezza e la tensione che caratterizzano lo stile della Rice sono intatti e riempiono ogni pagina. Una meraviglia che attanaglia cuore e viscere in un pugno che tormenta e ammalia, che vorremmo ci abbandonasse per sempre e non ci lasciasse mai. Per chi di voi non ha mai letto nessun libro delle “Cronache dei Vampiri”, non possiamo far altro che consigliarvi caldamente di cominciare: potreste disprezzare i vampirelli beceri della Meyer, o quelli che impazzano nelle serie televisive di ultima generazione (e con ogni buona ragione); ma i Vampiri della Rice sono oltre ogni squallida operazione di marketing. Sono oscuri, tormentati, maligni e meravigliosi, e dovreste assolutamente imparare a conoscerli.
“Egli sarebbe andato avanti così tranquillamente per tutta la vita, a dispetto del diavolo e dei suoi malefici, se una creatura che è per i mortali fonte di maggior sgomento di qualsiasi spettro, folletto e dell’intera genie di streghe messe insieme, non gli avesse attraversato la strada: una donna.”
[Washington Irving, Il mistero della valle addormentata]
Capita, a volte, che un bravo scrittore diventi noto al grande pubblico per i motivi sbagliati: come Schnitzler, il cui romanzo “Doppio sogno” ha conosciuto la gloria solo dopo il film di Kubrick, molti buoni romanzi hanno raggiunto la fama dopo una trasposizione cinematografica né fedele né pertinente gettando il libro stesso, dopo un breve e veloce successo, in un dimenticatoio ancora più buio di quello di prima. In Italia Washington Irving è diventato celebre dopo il film “Il Mistero di Sleepy Hollow” e immediatamente pubblicizzato come tale inserendo il titolo del singolo racconto come titolo principale della sua raccolta di racconti: ma il vero titolo della racconta è “Il libro degli schizzi di Geoffrey Crayon”, di cui “Il mistero della valle addormentata” (Sleepy Hollow) è solo l’ultimo racconto. Nell’edizione italiana, essendo il racconto motivo di richiamo per molti, quest’ultimo è stato messo come primo racconto. Personalmente consiglio a tutti di lasciare “Il mistero della valle addormentata”, che comunque ha poco a che fare col film, come ultimo racconto, così come lo aveva inteso il suo autore; e godersi per intero una raccolta di racconti fra l’horror e l’autobiografia, il diario e il romanzo gotico, così sottovalutato eppure così ricco e pieno, tradotto splendidamente. La lettura di Washington Irving, se cominciata con i giusti presupposti (e non solo dopo la visione di un film) può aprire cuore e mente verso infiniti mondi di poesia mescolata a realtà. Consigliatissimo.
Telefilm
Questo telefilm, che ha da poco concluso con successo la seconda stagione, narra per filo e per segno ogni intrigo, gioco, strategia e astuzia ideata e applicata da Francis Underwood, politico americano, nella sua sfrenata corsa al potere nella casa bianca. Machiavellico, spietato, furbo e testardo lupo che può, all’occorrenza, paventare una maschera da agnello, Underwood è l’incarnazione del politico disonesto e geniale, talmente al di sopra del contesto da esserne superiore. E nonostante l’assoluta crudeltà della sua persona, non si può fare altro che ammirarne l’astuzia e, quasi, tifare per lui. Interpretato e prodotto da un impareggiabile Kevin Spacey, che torna con forza alla ribalta dopo un periodo di silenzio, come ha già fatto il collega Bob Thorton con la sua straordinaria interpretazione in “Fargo”, “House of cards” è l’ennesima prova che i telefilm sono la nuova frontiera della narrazione audiovisiva, molto più del cinema.
Curiosità: ad una domanda circa questo telefilm, un noto politico americano l’ha definito “assolutamente perfetto” nel descrivere ciò che si muove all’interno del mondo politico; “a parte la drammatizzazione”, ha detto, “è più o meno così che funziona”. Cosa, questa, che attira e fa paura al tempo stesso.
In America sono gli anni ’60: una mentalità maccartista pervade l’intera nazione e due pionieri, William Masters e Virginia Johnson – lui ostetrico e ginecologo importante, sposato con Libby Masters e padre di famiglia; lei prima sua segretaria, poi assistente nelle ricerche e infine amante – infrangono molti tabù con una ricerca che va dall’omosessualità all’orgasmo femminile.
In Italia è già andata in onda la prima serie; dall’anno prossimo andrà in onda anche la seconda mentre la showtime, la casa di produzione del telefilm, ha già confermato le riprese per la terza edizione. Sfacciato, impudente e consigliatissimo.
Musica