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La Arbia, usa per quel che è accaduto in Ruanda, un terminologia tecnica che ben fotografa la complessa situazione, scrive infatti "una cosa è certa: tra aprile e luglio 1994 in quel paese si verificò il più grande blackout delle tutele civili e giuridiche mai avvenuto nella recente storia dell'umanità". I racconti dei testimoni, e i successivi processi, confermano come nessuno abbia tutelato le vittime. Lo stato, le istituzioni religiose, l'esercito e i presidi sanitari sono stati complici, quando non diretti pianificatori, dell'orrore.
Il libro della Arbia è anche un percorso umano, denso di emozioni di fronte a racconti raccapriccianti della mattanza che avvenne in quei giorni, delle violenze, degli stupri e degli inganni. Un sentire che mai ha messo in crisi l'aspetto professionale e l'impegno straordinario che ella ha dato alla ricerca della verità. Confessa con molta onestà: "avevo avuto un momento di grande sconforto, e altri ancora sarebbero arrivati, ma ora sapevo che cosa dovevo fare: continuare come è più di prima, senza mai stancarmi". A fronte di racconti dall'orrore inaudito, Silvana scrive: "a volte, mi accadeva di sperare che tutto ciò non fosse vero. Tale era l'immagine di inumanità che emergeva puntualmente da ogni singolo evento, circostanza e racconto, che per qualche istante cercavo di dimenticarmi chi ero e cosa stavo facendo. Nel segreto di me stessa desideravo con tutte le mie forze che fosse tutta un'enorme, assurda, crudele montatura. E invece, ogni volta dovevo subito ricredermi", forse nel tentativo di trovare una soluzione ad un conflitto interiore che faceva perdere qualsiasi contatto tra la realtà di quei fatti e la bellezza dei paesaggi del Ruanda.
Il libro ruota intorno alla figura di una carnefice ("la prima è unica donna al mondo a essersi macchiata del reato di stupro di massa quale crimine contro l'umanità"), Pauline Nyiramasuhuko, al tempo del genocidio Ministro della Famiglia e della Promozione femminile, condannata all'ergastolo in primo grado il 24 giugno del 2011, e di cui la Arbia è stata principale accusatrice.
Silvana, come già fatto da altri, giunge alla fine all'amara conclusione che "dopo anni di discussioni e ricerche, oggi è assodato che le stragi del 1994 in Ruanda potevano essere evitate ...... Mentre noi siamo rimasti a guardare".
In questo libro Silvana Arbia ha messo in gioco tutta la sua competenza giuridica, tutto il suo coraggio, tutta la sua caparbietà e la grande passione per l'Africa che come lei scrive l'ha accompagnata fin dall'adolescenza. Vi è anche un capitolo del libro (il XIV) che Silvana dedica a Dian Fossey, la primatologa assassinata in Ruanda nel 1985. Un omaggio al coraggio di un'altra donna straordinaria, ma anche una lettura diversa della sua scomparsa e forse in continuità con quanto avvenuto, solo 9 anni dopo, nel paese e su cui per ora, nessuno ha indagato a sufficienza.
Sono convinto che Silvana Arbia sia una di quelle donne che dobbiamo tutti ringraziare per l'enorme contributo alla conoscenza (oltre che alla giustizia) su di un episodio che l'intera umanità porterà a vita sulla propria coscienza.
Silvana Arbia è nata a Senise, piccolo paese in provincia di Potenza,è cresciuta a Venezia (si è laureata a Padova). ha fatto il magistrato a Milano presso la corte d' appello. Dal 1999 è magistrato internazionale presso il Tribunale penale internazionale per il Ruanda (TPIR).
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