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Sarebbe forse più corretto dire che il libro racconta "una" storia della Liberia. La storia vista da una donna senz'altro battagliera, che nonostante le grandi difficoltà che ha dovuto affrontare, ha fatto parte (e fa parte) dell'elite del paese. Quell'elite che, pur provendendo da generazioni di umili origini (indigeni), ha di fatto sostituito la storica elite dei coloni che da sempre aveva governato il paese. Figlia di un avvocato e deputato della Camera durante la presidenza di William Tubman (1944-1971), la vita di Ellen è stata un susseguirsi di grandi difficoltà e grandi successi. Capace di "rimanere a galla", prima durante l'adolescenza a seguito della malattia del padre e il declino economico della famiglia, poi passando una burrascosa vita familiare con quattro figli e un matrimonio violento, poi durante la presidenza di William Tolbert (1971-1980), poi durante gli anni della dittatura di Samuel Doe (1980-1990), poi la guerra civile (1990-1997) e infine attraverso i bui anni del criminale Charles Taylor (1993-2003).L'elemento sorprendente della autobiografia della signora Sirleaf è proprio questo: aver contato nel paese, aver avuto strette relazioni con dittatori e signori della guerra, senza subire gravi consequenze (molti dei ministri e dei collaboratori di Tolbet, di cui Ellen faceva parte, ad esempio furono fucilati in spiaggia dagli uomini di Doe) fatto salvo un breve periodo di detenzione.Certo più volte ha dovuto lasciare il paese, grazie ad una rete di protezione che si era costruita nei sui anni di studio prima, e di lavoro poi, in America.
Resta un libro da leggere, come un romanzo. Triste perchè ripercorre la storia di un paese tormentato, depredato prima da multinazionali aggressive ( Firestone prima, la Liberian Mining Company e poi la Oriental Timber Company), poi da politici corrotti (che ha generato la nasciat del più grande registro navale del mondo dove battere "bandiere di comodo") e infine da spietati criminali (Doe e Taylor in testa) protetti dai potenti della terra, Stati Uniti in testa.Il libro della Sirleaf offre molti spunti sulla storia più in generale dell'Africa. Le poche pagine sul genocidio del Ruanda sono un macigno (la Sirleaf fece parte di uno dei primi gruppi di stranieri che entrarono nel Paese e che poi stilò un rapporto) per le accuse alla Comunità internazionale che non ha voluto vedere, agli Stati Uniti e a Kofi Annan ("porterà per sempre una cicatrice grande e profonda").
Scritto bene e raccontato bene, il libro lascia un unico dubbio. Questo continuo sopravvivere a tutto, segno di una "certa adattabilità" o di un fare da "politico navigato", che forse poco si adatta a chi vuole veramente cambiare un paese così martoriato. Resta il fatto che "Mama Ellen" come la chiamano i Liberiani, ha ancora molti consensi in patria e molti appoggi nel mondo.
Dal 2006 (a seguito delle elezioni del novembre 2005 e della rielezione nel 2011) la signora Ellen Johnson Sirleaf guida la Liberia (in un continente dove alle donne è lasciato veramente poco spazio) e gode del pieno appoggio dell'ammistrazione americana e della Banca Mondiale (avevo scritto un post proprio in occasione del'annuncio del Nobel per la Pace a pochi giorni dalle elezioni in Liberia).
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