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Sono in viaggio per Berlino. Scrivo in aereo, non capita spesso. È che non riesco a non pensare alla giornata di ieri, a #Librinnovando.
L’evento non è stato perfetto, alcune cose sono andate benissimo, altre meno. Ci sono stati alcuni problemi con il wi-fi, molte persone in piedi (ma questo è anche un segnale positivo), siamo andati fuori tempo massimo e quindi costretti ad accorciare la sessione dei books blogger.
Nonostante ciò, io sono entusiasta: la giornata di Librinnovando non ha disatteso le aspettative. Volevamo che Librinnovando ci dicesse dov’è l’editoria italiana oggi in fatto di eBook, lettura digitale e social network.
E l’ha fatto.
Lo scrivo senza peli sulla penna: l’editoria italiana è un vecchio rannicchiato su stesso, e ha difficoltà a capire che le minacce che arrivano dal cambiamento non sono affatto minacce, ma immense opportunità.
Opportunità per le grandi case editrici che potrebbero (anzi dovrebbero) esplorare nuovi mondi; opportunità per le piccole, che potrebbero (anzi dovrebbero) sperimentare e magari beccare l’innovazione giusta per fare il grande balzo; opportunità per gli autori, che potrebbero (anzi dovrebbero) inventare nuovi modi di scrivere.
Tutto ciò non farebbe (e non farà) altro che migliorare l’esperienza del lettore, ultimo fruitore delle opportunità generosamente offerte oggi a chi sa coglierle.
La sessione dei books blogger (più belli/e del mondo) ha poi chiuso Librinnovando. Sono autori, critici, giornalisti, editori, esperti di comunicazione e di editoria. Cioè: l’intera filiera della realizzazione di un libro.
E a tutti coloro che seguivano (in sala, via twitter e in streaming) è stato evidente un fatto: i books blogger hanno mostrato in pochi minuti idee chiare e le hanno espresse più chiaramente di quanto abbiano fatto gli “esperti del settore”.
Credo che questo sia il segno.
È il segno che se c’è da fare una rivoluzione nell’editoria italiana, dobbiamo farla noi (tutti noi), e dobbiamo farla ora.
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